DEFINIZIONE:
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Faraone egizio della XVIII dinastia (ca. 1575-1808 a.C.), figlio di
Amenophis III e della regina Tuye, e sposo di Anhesenamon, figlia di Amenophis
IV (v. Akhenaton) e della regina Nefertiti. T. salì al trono all’età di nove
anni, e morì a diciotto. Durante il suo regno (ca. 1358-1349 a.C.), T. riportò
in auge il culto di Amon tebano, dopo il tramonto dell’eresia amarniana. Sovrano
di scarsa importanza storica, tantoi da essere quasi sconosciuto, poiché il suo
nome era stato cancellato dalla lista dei sovrani dell’Egitto. T. è comunque
diventato molto celebre agli inizi del XX secolo, per il ritrovamento da parte
di una spedizione archeologica inglese della sua tomba ad ipogeo nella Valle dei
Re (26 novembre 1922). La spedizione era guidata da Howard Carter, ispettore dei
monumenti dell’Alto Egitto e poi archeologo, ed era finanziata da Lord
Carnarvon, deceduto subito dopo la scoperta in seguito ad una banale puntura di
zanzara. Si era trattato del ritrovamento di un sepolcro regale ancora
sigillato, mai violato da ladri sacrileghi, un caso veramente unico nella storia
dell’archeologia. I sigilli egizi erano in argilla, e recavano incisi il nome
del sovrano. Sul sigillo era riprodotto uno sciacallo, rappresentante il dio
Anubi (v.), e nove personaggi prigionieri, inginocchiati e con le mani legate
sulle spalle. Nella camera funeraria vi erano quattro cappelle di legno dorato,
di cui la prima era stata forzata, mentre la seconda portava ancora i sigilli
originali. Queste cappelle, incassate una dentro l’altra, custodivano il feretro
ed i tre sarcofagi di T. Il feretro era in quarzite, e racchiudeva il primo
sarcofago il legno dorato. All’interno di questo vi era un secondo sarcofago
ancora in legno dorato, ma molto più ricco del primo. All’interno un ultimo
sarcofago, la bara vera e propria, costruita in oro massiccio a 22 carati e
pesante ben 1110 kg. nel suo interno la salma mummificata, con la splendida
maschera funeraria ormai nota in tutto il mondo. Il faraone era raffigurato come
Osiride, dio dei morti, con le mani incrociate strette sui simboli del potere:
lo scettro e la frusta. Il capo era ricoperto dall’acconciatura a raggi
denominata nemes, ornata con il cobra e l’avvoltoio, i protettori del sovrano.
Il ricchissimo tesoro riportato alla luce in sette settimane di intenso lavoro,
comprendeva tra l’altro un prezioso vaso di alabastro destinato a contenere
profumi, la cui forma rappresenta l’unione del loto e del papiro, piante
simboleggianti l’Alto ed il Basso Egitto. Vi erano tre letti rituali, decorati
con teste di ippopotamo, di mucca e di leonessa, rappresentanti le dee Amrit,
Mehet Uaret (v. figura all’uscita della tomba) ed Iside Mehet. Compito di questi
letti era la rigenerazione dell’anima (v. Ka) del defunto. I mobili, le sedie,
il trono, i ventagli, i bauli ed i cuscini servivano al sovrano per la sua vita
nell’aldilà. Per nutrirsi aveva scatole di cibo raffinato, recipienti di
bevande, insieme agli ushabiti, i servitori che svolgevano ogni lavoro per lui.
Essendo stato in vita un bravo guerriero, fu munito di carro da battaglia e di
armi, così come di materiale scrittorio. Per i momenti di svago venne sepolto
con giochi e strumenti musicali. I gioielli rinvenuti nella tomba avevano fini
decorativi ma anche poteri magici. La catalogazione dei reperti e la successiva
esplorazione metodica e scientifica della tomba di T. proseguì poi per oltre
dieci anni. Il suo splendido tesoro è oggi interamente esposto nel Museo del
Cairo, insieme al decisamente spettacolare corredo funerario. Hanno fatto
notizia sia la scoperta della tomba che i protagonisti di questo avvenimento
storico. Oltre all’improvvisa morte di Lord Carnarvon, si registrarono i decessi
di altre persone coinvolte nell’apertura della tomba reale. Questi fatti furono
associati ad una frase scritta nella tomba di T., che diceva: "La morte si
avvicinerà rapidamente a chiunque osi disturbare il riposo del faraone", una
frase ovviamente diretta contro i profanatori di tombe. Senonché, proprio a
causa della morte di tali persone, avvenute sempre in circostanze particolari
(un accidentale colpo di pistola, un suicidio od una caduta), si cominciò a
parlare, e se ne parla tuttora in tutto il mondo, della "maledizione di T.".
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