DEFINIZIONE:
|
Termine sanscrito derivato da sad, sedere, ed upa, presso (il
maestro). Pertanto indica l'insegnamento iniziatico e segreto impartito dal guru
(maestro) al discepolo. Sono così chiamate importanti opere della letteratura
sacra indù che, contenendo speculazioni di ordine cosmogonico e filosofico, sono
in effetti manuali di meditazione per asceti. Secondo la tradizione le U. sono
108, un numero simbolico, poiché in realtà esse sono molte di più. Si
distinguono in antiche, in intermedie ed in recenti, le ultime di minore
importanza. Tra le prime spiccano: Brhadaranyaka, Chandogya, Taittiriya e
Aitareya; tra le medie Isa, Svetasvatara, Prasna, Maitri e Nandukya. Le U. sono
collegate ai Brahmana (v.), di cui sono filiazioni, poiché riprendono temi lì
trattati, e spostano il centro d'interesse speculativo dal Brahman, il principio
cosmico, all'atman, ovvero sé stesso, che è il medesimo principio individuato
nell'essere umano. Mentre nelle più antiche U. i due poli Brahman-atman sembrano
ancora due distinti oggetti d'indagine, nelle più recenti sse ne afferma
l'assoluta identità. La grande importanza delle U. sta dunque nell'aver spostato
l'attenzione del sacrificio esteriore dell'epoca vedica ad un sacrificio di
ordine interiore, in cui ciò che è sacrificato sono le limitazioni della natura
egoica, che vanno bruciate mediante il fuoco della conoscenza. Quindi non è più
sufficiente, come nell'epoca vedica, osservare perfettamente il rituale per aver
compiuto i propri doveri verso il divino, ma fine della vita diventa la
liberazione (moksa) dal samsara. A causa di questa interiorizzazione del
problema religioso, le U. costituiscono la vera premessa teorica alla pratica
yoga, fondata sul raccoglimento all'interno di sé. La loro concezione, che può
essere definita monismo panteistico, riducendo tutto ad un unico principio
creatore immanente al mondo, è alla base della speculazione vedantica, in cui la
manifestazione è vista come il "velo" di quest'unico principio.
|