DEFINIZIONE:
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Raffigurazione complessa del Cerchio, originata dall’esigenza
percepita dagli alchimisti greci che, nell’intento di animare una figura
geometrica ritenuta troppo arida, hanno voluto vedere nel Cerchio un Serpente
(v.) che si morde la coda, denominato appunto U. È il Serpens qui caudam
devorat, talvolta raffigurato metà bianco e metà nero, cioè Yin (v.) e Yang (v.)
della tradizione del Taoismo (v.) cinese, le due opposte nature, il Rebis (v.).
Secondo lo Schwarz (L’immaginazione alchemica, Ediz. La Salamandra, 1980), "Il
concetto delle due nature ci introduce ad un altro elemento cardinale del
pensiero alchemico, e cioè al concetto che l’impulso alla differenziazione della
materia prima nei suoi componenti maschile e femminile è dato dalla lotta e
dalla conseguente unione delle polarità fondamentali. L’incesto filosofale
(coniunctio oppositorum) dell’Alchimista, realizza il filius philosophorum,
l’immortale Androgino (v.), che si identifica nella Pietra Filosofale,
annunciata dalla sua nascita. Infatti il Rebis non è che il prodotto delle nozze
alchemiche tra il Mercurio (v.), la donna, il principio lunare, e lo Zolfo (v.),
l’uomo, il principio solare". L’U. è l’emblema tradizionale di ciò che non ha
inizio né fine, formato da una linea unica le cui estremità si ricongiungono per
annullarsi l’una nell’altra. Esso determina un limite separatore tra la
superficie interna definita e quella esterna infinita. Viene anche considerato
simbolo dell’evoluzione che si conclude in sé stessa, e quindi dell’unità
fondamentale del cosmo. Il motto En to pan, Uno il Tutto, con cui accompagnavano
il simbolo ofidico, esprimeva la loro fede dell’unità globale di ciò che esiste
e può essere concepito. Per le loro speculazioni essi partivano da questa Unità,
e vi ritornavano incessantemente per misurare il valore delle cose rispetto ad
essa. Non si nascondevano che questo Tutto equivale a Niente per il sensista,
che ritiene reale ciò che si constata oggettivamente, da cui la loro
considerazione riguardo alla Materia prima della Grande Opera (v.), che gli
sciocchi non vedono da nessuna parte, mentre i saggi la intuiscono ovunque.
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