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SEZIONE: « DIZIONARIO ESOTERICO »

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DIZIONARIO ESOTERICO SCHEDA N. «02178»

TERMINE: VINO
DEFINIZIONE:

Bevanda tra le più diffuse nel mondo, seconda soltanto all'acqua, conosciuta almeno dai tempi del diluvio universale. Infatti dopo l'approdo dell'Arca sulla cima del monte Ararat, Noè stesso avrebbe scoperto la possibilità di produrre questo gradevole ed inebriante liquido spremendo i grappoli d'uva dei vigneti posti sui fianchi del monte, dando così avvio all'enologia. Nella Grecia antica il V. rappresentava la bevanda dell'immortalità, facendo di Dioniso (il romano Bacco) il dio della vite, del V. e del delirio mistico. Il mito sostiene che tale dio fosse stato attratto da un grappolo d'uva che, poi pressato, produceva un liquido purpureo. Questo donava a chi lo beveva un giusto ed equilibrato ritemperamento delle forze, la capacità di scordare pene e dolori, provando solo ebbrezza ed euforia. Il dono di Dioniso, considerato dio della liberazione, aveva quindi contribuito al benessere del corpo ed alla serenità dello spirito, offrendo agli uomini una più compiuta ed euforica concezione della vita. Aveva così aperto la strada dell'emancipazione, conseguibile attraverso la totale eliminazione di ogni tabù (v.). Un vecchio proverbio francese, riprendendo l'espressione "in vino Veritas" di Plinio il Vecchio, sentenzia che "prima di Noè l'uomo non poteva scoprire la verità, poiché non beveva che acqua". Y (Simbologia): Il V. è sistematicamente associato al sangue, anche dalla medicina, ed è considerato bevanda di vita e di immortalità. Lo dimostra il fatto che l'ambrosia non mancava dalla mensa degli dei dell'Olimpo, avendo come illustre coppiere addirittura Mercurio Hermes, di norma messaggero degli dei stessi. Per l'ebbrezza da esso provocata, le tradizioni semitiche ne fanno il simbolo della conoscenza e dell'iniziazione ai grandi Misteri. Tale ebbrezza psico-fisica arricchisce e stimola le facoltà mentali, liberando l'uomo dai condizionamenti che il mondo impone alla coscienza imprigionandola. Nel mondo pagano ha sempre svolto funzioni specifiche nei sacrifici cultuali, in cui veniva molto sfruttata la nozione di alimento divino. Ne è stato talvolta proibito l'uso dopo l'avvento delle religioni monoteistiche, in quanto considerato simbolo dello smarrimento inviato da Dio quale punizione di uomini e nazioni infedeli e ribelli (Geremia), o poiché espressione della collera divina (Isaia, Apocalisse). · Il Cantico dei Cantici ne elogia invece le qualità, ed Origene (v.) arriva ad accostare il V. alla gioia, allo Spirito Santo, alla Saggezza ed alla Verità, un elogio presente negli antichi Misteri, nella leggenda del Santo Graal (v.) e nello stesso culto cristiano. · Omero (Odissea, XVI) ne parla come di bevanda "che mi spinge, che fa cantare anche il più saggio tra gli uomini, facendolo ridere e costringendolo a danzare mollemente, a dire cose che andrebbero taciute". · Nel Talmud è detto che "Alla testa di tutte le medicine c'è il V., ed i farmaci diventano necessari solo quando esso manca", come anche "Come il V. migliora invecchiando, così le parole della Torah (v.) migliorano il loro effetto invecchiando nella mente dell'uomo". Ed ancora: "Non c'è gioia senza V.", e "Il V., così come le parole della Torah, rallegra il cuore". Le tradizioni associate alla celebrazione del Purim (v.) incoraggiano a bere fino all'eccesso. · Cratino (203 a.C.) ribadisce che "Se bevi solo acqua non puoi partorire alcunché di buono". · Il Corano (v.) ne sostiene ripetutamente il consumo, considerando il V. "bevanda dell'Amore divino", e simbolo della conoscenza iniziatica riservata ai soli eletti". · Per il Sufismo (v.) il V. rappresenta l'amore, il desiderio ardente e l'ebbrezza spirituale, ed il Roseto del Mistero (trattato sufo) dice: "Bevi a lunghi sorsi il V. dell'annientamento. Bevi il V., poiché la coppa non è che la faccia del vero amico". · Nei Veda (v.) è stata l'aquila, uccello solare, a portare il V. all'uomo. · Il Taoismo (v.) esalta i saggi bevitori che consumavano il V. attraverso complessi preparativi rituali. · Il Martinismo (v.) considera il V. "agente attivo generato nella Grande Opera (v.), in quanto Zolfo alchemico, legato al fuoco ed alla Terra, simbolo quindi del matrimonio dello Spirito con l'Aria, ovvero della Saggezza con la Passione". · Anche Martin Lutero (v.) ne incoraggia il consumo, sostenendo che "chi non ama il vino, le donne ed il canto rimane uno stolto per tutta la sua vita opaca". · Per la Chiesa il V. è simbolo del sangue di Cristo associato al pane eucaristico, ed è oggetto di invocazione allo Spirito Santo nel "Veni, sanctificator" che nel V. genera, riempie e trasforma (Jung). Y (Massoneria): Gli Antichi Doveri (v.) esortano alla moderazione nel consumo del V., imponendo a non spingere alcun Fratello a berne oltre la sua propria inclinazione naturale, evitando in assoluto l'ubriachezza. Ma occorre considerare che un azzimo (v.) ed un sorso di buon V. tengono indubbiamente ogni Massone lontano dal giudizio severo, quindi "Bere come un Templare" (Il Laboratorio N. 41 di Luglio 1999, Simbologia del vino, di Sergio Jonas, Grande Oriente d'Italia, Collegio Circoscrizionale della Toscana).

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