DEFINIZIONE:
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Bevanda tra le più diffuse nel mondo, seconda soltanto all'acqua,
conosciuta almeno dai tempi del diluvio universale. Infatti dopo l'approdo
dell'Arca sulla cima del monte Ararat, Noè stesso avrebbe scoperto la
possibilità di produrre questo gradevole ed inebriante liquido spremendo i
grappoli d'uva dei vigneti posti sui fianchi del monte, dando così avvio
all'enologia. Nella Grecia antica il V. rappresentava la bevanda
dell'immortalità, facendo di Dioniso (il romano Bacco) il dio della vite, del V.
e del delirio mistico. Il mito sostiene che tale dio fosse stato attratto da un
grappolo d'uva che, poi pressato, produceva un liquido purpureo. Questo donava a
chi lo beveva un giusto ed equilibrato ritemperamento delle forze, la capacità
di scordare pene e dolori, provando solo ebbrezza ed euforia. Il dono di
Dioniso, considerato dio della liberazione, aveva quindi contribuito al
benessere del corpo ed alla serenità dello spirito, offrendo agli uomini una più
compiuta ed euforica concezione della vita. Aveva così aperto la strada
dell'emancipazione, conseguibile attraverso la totale eliminazione di ogni tabù
(v.). Un vecchio proverbio francese, riprendendo l'espressione "in vino Veritas"
di Plinio il Vecchio, sentenzia che "prima di Noè l'uomo non poteva scoprire la
verità, poiché non beveva che acqua". Y (Simbologia): Il V. è sistematicamente
associato al sangue, anche dalla medicina, ed è considerato bevanda di vita e di
immortalità. Lo dimostra il fatto che l'ambrosia non mancava dalla mensa degli
dei dell'Olimpo, avendo come illustre coppiere addirittura Mercurio Hermes, di
norma messaggero degli dei stessi. Per l'ebbrezza da esso provocata, le
tradizioni semitiche ne fanno il simbolo della conoscenza e dell'iniziazione ai
grandi Misteri. Tale ebbrezza psico-fisica arricchisce e stimola le facoltà
mentali, liberando l'uomo dai condizionamenti che il mondo impone alla coscienza
imprigionandola. Nel mondo pagano ha sempre svolto funzioni specifiche nei
sacrifici cultuali, in cui veniva molto sfruttata la nozione di alimento divino.
Ne è stato talvolta proibito l'uso dopo l'avvento delle religioni monoteistiche,
in quanto considerato simbolo dello smarrimento inviato da Dio quale punizione
di uomini e nazioni infedeli e ribelli (Geremia), o poiché espressione della
collera divina (Isaia, Apocalisse). · Il Cantico dei Cantici ne elogia invece le
qualità, ed Origene (v.) arriva ad accostare il V. alla gioia, allo Spirito
Santo, alla Saggezza ed alla Verità, un elogio presente negli antichi Misteri,
nella leggenda del Santo Graal (v.) e nello stesso culto cristiano. · Omero
(Odissea, XVI) ne parla come di bevanda "che mi spinge, che fa cantare anche il
più saggio tra gli uomini, facendolo ridere e costringendolo a danzare
mollemente, a dire cose che andrebbero taciute". · Nel Talmud è detto che "Alla
testa di tutte le medicine c'è il V., ed i farmaci diventano necessari solo
quando esso manca", come anche "Come il V. migliora invecchiando, così le parole
della Torah (v.) migliorano il loro effetto invecchiando nella mente dell'uomo".
Ed ancora: "Non c'è gioia senza V.", e "Il V., così come le parole della Torah,
rallegra il cuore". Le tradizioni associate alla celebrazione del Purim (v.)
incoraggiano a bere fino all'eccesso. · Cratino (203 a.C.) ribadisce che "Se
bevi solo acqua non puoi partorire alcunché di buono". · Il Corano (v.) ne
sostiene ripetutamente il consumo, considerando il V. "bevanda dell'Amore
divino", e simbolo della conoscenza iniziatica riservata ai soli eletti". · Per
il Sufismo (v.) il V. rappresenta l'amore, il desiderio ardente e l'ebbrezza
spirituale, ed il Roseto del Mistero (trattato sufo) dice: "Bevi a lunghi sorsi
il V. dell'annientamento. Bevi il V., poiché la coppa non è che la faccia del
vero amico". · Nei Veda (v.) è stata l'aquila, uccello solare, a portare il V.
all'uomo. · Il Taoismo (v.) esalta i saggi bevitori che consumavano il V.
attraverso complessi preparativi rituali. · Il Martinismo (v.) considera il V.
"agente attivo generato nella Grande Opera (v.), in quanto Zolfo alchemico,
legato al fuoco ed alla Terra, simbolo quindi del matrimonio dello Spirito con
l'Aria, ovvero della Saggezza con la Passione". · Anche Martin Lutero (v.) ne
incoraggia il consumo, sostenendo che "chi non ama il vino, le donne ed il canto
rimane uno stolto per tutta la sua vita opaca". · Per la Chiesa il V. è simbolo
del sangue di Cristo associato al pane eucaristico, ed è oggetto di invocazione
allo Spirito Santo nel "Veni, sanctificator" che nel V. genera, riempie e
trasforma (Jung). Y (Massoneria): Gli Antichi Doveri (v.) esortano alla
moderazione nel consumo del V., imponendo a non spingere alcun Fratello a berne
oltre la sua propria inclinazione naturale, evitando in assoluto l'ubriachezza.
Ma occorre considerare che un azzimo (v.) ed un sorso di buon V. tengono
indubbiamente ogni Massone lontano dal giudizio severo, quindi "Bere come un
Templare" (Il Laboratorio N. 41 di Luglio 1999, Simbologia del vino, di Sergio
Jonas, Grande Oriente d'Italia, Collegio Circoscrizionale della Toscana).
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