DEFINIZIONE:
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In sanscrito significa unione. É una dottrina psico fisica tendente
all'unione del Sé individuale con il Sé universale, e quindi alla liberazione
(moksa). Diffusa in India da tempi molto antichi, addirittura anteriori ai Veda
(v.) ed all'invasione indoeuropea. Lo Y. ha le sue basi speculative nella teoria
Samkhya, e costituisce la controparte operativa di tutti i sistemi filosofici
indiani e di tutte le dottrine religiose, ortodosse (brahmanesimo) ed eterodosse
buddhismo e jainismo). A differenza del Samkhya è teista, poiché crede in un Dio
personale (Isvara) che lo yogin deve meditare al centro del proprio cuore. Lo Y.
ha come fine immediato la purificazione dell'anima dalle cinque impurità (o
klesa: ignoranza, egoismo, avversione, attaccamento a quanto non è il Sé, ed
alla materia) e la dissoluzione delle modificazioni continue (vrrti) cui è
soggetto il pensiero umano (citta). Lo Y. si articola secondo otto gradi, detti
anga (membra), di cui quattro superiori. I primi sono: yama (proibizioni: non
uccidere, non rubare, ecc.), niyama prescrizioni: astinenza sessuale, ecc.),
asana (posture del corpo), pranayama (controllo del respiro), e trovano
compimento nei secondi, ovvero pratyahara (ritrazione dei sensi dagli oggetti
esteriori all'interno di sé), dharana (concentrazione), dhyana (meditazione) e
samadhi (estasi). Lo Y. codificato da Patanjali (II sec. D.C.) viene definito
classico, mentre esistono anche forme di Y. non classico, quali il Kriya-yoga
(Y. dell'azione), il Raja-yoga (Y. reale), il Mantra-yoga (Y. dei Mantra), lo
Hatha-yoga (Y. violento, così definito per la violenza delle tecniche praticate)
ed il Laya-yoga (Y. delle dissoluzioni, simile al precedente).
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