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SCHEDA ARTICOLO N. «00107»

CLASSIFICAZIONE: 1
TIPOLOGIA: ESOTERISMO
AUTORE: DIZIONARIO ESOTERICO
TITOLO: CICLI
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TESTO ARTICOLO

CICLI.

I Cicli sono, da un punto di vista esoterico, le categorie dell'ermeneutica storica. Ogni epoca, ogni evento si inscrivono in un'era, in una legge, il cui sistema generale è subordinato alla finalità ultima di Dio creatore. Prima ancora di essere una storia di fatti, la storia è una teofania; prima di essere una storia degli uomini, la storia, nelle sue strutture e nel suo principio, è una storia degli dei.
Una nuova luce viene così proiettata sulle mitologie e sulle cosmologie, le cui articolazioni essenziali, anche quando si riferiscono a una genesi, riguardano il tempo vivente della creazione. Nella profondità della storia esoterica, "in illo tempore", le modalità del tempo e l'eternità del senso convergono. Il passato, proprio delle successioni cosmogoniche, non smette di ispirare le profezie, di orientare i percorsi della spiritualità. Per i Greci Urano, Crono, Zeus; per i cabalisti l'emanazione, la creazione, la formazione; per l'India l'alternarsi della veglia e della quiete (1) dell'Essere Supremo, continuano a definire il senso della storia, anche quando il discorso cosmogonico li ha relegati in secondo piano sulla scena del mondo. Crono come la Sefira Binah dimorano contemporaneamente nel mondo, anche se sono stati sostituiti da Zeus e dalle Sefirot incaricate della formazione del mondo. Analogamente il "nirguna brahman", come Ain o il Dio non-manifesto, costituiscono il fondamento delle etiche rispettivamente della liberazione e della salvezza, il cui principio si colloca, in ultima analisi, al di là della stessa ontologia. Liberazione è svincolarsi da sé e dal mondo, foss'anche quello degli dei; salvezza è l'infinito riconoscimento del carattere trascendente della volontà divina. Ma nell'uno e nell'altro caso il senso della storia umana viene meno al raggiungimento del suo fine; la storia degli uomini non avrebbe che un carattere transitorio, come gli intervalli tra due nuove creazioni, due grandi anni, due giorni di Brahma (2).
La storia stessa degli dei come degli eroi è modello da riprodurre, gesto mitico da imitare, ma in sé già superato e arcaico rispetto alla creazione permanente di nuovi cieli e di nuove terre. Da un lato sembra che ogni progetto storico possa essere tutt'al più solo il compimento di strutture archetipiche, già in declino rispetto alla loro ricreazione permanente da parte di Dio; dall'altro, l'iniziativa come il libero arbitrio del genere umano avrebbero l'unico effetto di una storia residua, ben al di qua della perfezione dei suoi miti.
L'esoterismo ignora dunque fondamentalmente la storia? La sua negazione è forse la conseguenza necessaria della sua metafisica, che dissolve con il suo senso la durata, annullando la libertà della creatura attraverso l'eternità di un Dio totalitario? La storia di Dio non ammette di esser coniugata.
Questa critica della questione della storia è di per se stessa collegata a una dimensione mitica dell'inconscio. Consiste nel presentare la storia mitica come la ripetizione di strutture, che, periodicamente, espandono o disintegrano il mondo. Il ciclo delle distruzioni e delle creazioni sarebbe allora senza fine; la trasfigurazione della storia in mito, soprattutto attraverso il rito, comporta parallelamente la conversione in tempo mitico del tempo profano dell'azione umana occasionale, dunque nell'eternità sacra e necessaria delle ierofanie (3). In contrasto con le concezioni del tempo espresso dalle civiltà antiche, il pensiero contemporaneo, che ha dovuto fare i conti con le sue origini giudaico-cristiane, sembra accusare una frattura epistemologica. La storia potrebbe seguire un percorso solo lineare, poiché qualsiasi circolarità temporale comporterebbe solo ripetitività, riducendo in questo modo l'imprevedibile e i rischi dell'avventura umana. Al limite, qualsiasi riflessione sulla storia dovrebbe riferirsi a eventi inincontrovertibili, alla loro pura fattualità.
A ciò l'esoterismo risponde che qualsiasi concezione della storia ha i propri miti; che si tratti del messianesimo giudaico, della parusia e dell'escatologia cristiane, o del marxismo, la storia lineare è costretta a orientarsi verso un polo futuro: ritorno del Messia, Giudizio Universale o Rivoluzione proletaria e avvento della società comunista (4), per far solo degli esempi. Di più, o peggio ancora, l'ignoranza di tali miti fa della storia dei moderni una storia omicida, dal momento che essa crede di trovare la propria liberazione nell'impresa pseudoscientifica della smitizzazione. Ora, il disincanto occidentale di fronte al mito borghese del progresso o all'utopia di una nuova Età dell'oro dei collettivismi proviene dalla perdita della sua coscienza mitica, come ha indicato assai bene G. Durand (5). I miti sopravvivono, anche dissacrati. E' proprio allora che sono da temersi. L'esaltazione borghese del progresso trova il suo 'statuto immaginario' nelle mitologie titaniche dell'Illuminismo, il collettivismo "toglie ai miti della Città e delle Terre Promesse il loro carattere sacro, smitizzandoli e deformandoli negli obiettivi di una politica manipolatrice e totalitaria" (6).
Ci si deve ormai porre nel "profilo epistemologie" della più moderna antropologia", che è anche quella della tradizione esoterica stessa.
I cicli sono gli strumenti utilizzati dal pensiero esoterico per decifrare il senso della sua posizione rispetto al tempo. Si tratta in realtà di un'ermeneutica che articola due storie: quella degli uomini e della loro libertà, quella degli dei che costituisce l'orizzonte del senso simbolico della precedente (7). Una tale articolazione è stata sempre presente nel pensiero esoterico. La storia ripetitiva propria dell'uomo arcaico è un'invenzione dei pregiudizi etnocentrici dei moderni. Le differenze reali tra temporalità religiose dipendono dalla natura del rapporto tra il Sacro e la storia umana, non dal fatto di adottare o respingere il concetto di ciclo, noto a tutte le religioni.
La difficoltà interviene non appena ci si sforza di trovare il sistema astronomico delle concordanze tra le diverse unità di tali cicli. Secondo le religioni, infatti, i cicli non hanno sequenze omologhe; all'interno di ciascuna religione inoltre non è sempre facile stabilire il calendario generale della storia, capire se i testi si esprimono in anni divini, in ere divine o in anni umani; per questi ultimi, poi, non si è neppure sicuri se debbano o meno essere intesi come anni precessionali, qualora il contesto culturale di una civiltà autorizzi a farlo.
La divisione esoterica più corrente della storia è quella che attribuisce al cammino dell'umanità quattro tappe, o età, o Yuga. Così dall'India alla civiltà greco-romana corre l'insegnamento tradizionale dell'esistenza nel passato di un'Età dell'Oro (Krita Yuga), di un'Età dell'Argento (Treta Yuga), di un'Età del Bronzo (Dwapara Yuga) e di un'Età del Ferro (Kali Yuga), quella in cui si trova l'umanità attualmente. L'analisi comparata del Codice di Manu (8), delle "Bagavata Purana" (9), e di "Le Opere e i Giorni" di Esiodo (10), come pure delle "Metamorfosi" di Ovidio (11) e dei testi di Virgilio (12), mette in luce un quadro di corrispondenze tra la prima Età (in cui regnano la Verità e la Giustizia sotto forma di un Toro saldo sulle sue quattro zampe) e il regno dell'eterna primavera, sotto Crono (13) (Saturno).
Le altre Età corrispondono alla perdita di una zampa del toro ciascuna, e ai regni successivi di Zeus e della razza umana. A ogni Età ci si allontana dal mondo ideale, il che si traduce in un'involuzione spirituale, accompagnata dalla comparsa del ladrocinio, della falsità e del crimine (14), oltre che da un accorciamento della vita (15). Analogamente succede per lo sviluppo delle qualità caratteristiche di ciascuna Età: l'austerità per la prima Età, la scienza divina per la seconda, l'offerta di sacrifici per la terza, la liberalità per la quarta (16). La Bibbia colloca la comparsa dell'agricoltura e dei primi utensili all'epoca di Caino e Abele; tale episodio diventa così un momento storico che costituisce la cerniera tra l'Età dell'Argento (pastorizia, civiltà, arti) (17), l'Età del Bronzo (utensili di ferro e acciaio) e l'Età del Ferro (vendetta, omicidi, esperienza del male). E' una replica esatta delle parole di Esiodo: "Quelli non pensavano che alle triste opere di Ares e avevano perso ogni misura" (18). L'interpretazione del sogno di Nebucadnetsar (19), nell'Antico Testamento, è un'allegoria della teoria delle quattro Età. Daniele rivela al re che la grande statua, dalla testa di finissimo oro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e i fianchi di bronzo, le gambe di ferro e i piedi di terracotta, si è spezzata per l'urto di un masso staccatosi dalla montagna. In questo evento si prefigura la storia del suo regno: l'oro rappresenta la regalità, il potere, la forza, la gloria del suo regno, l'argento e il bronzo rappresentano altri due regni, inferiori al suo, ma destinati a dominare il mondo; il quarto regno sarà simile al ferro, perché il ferro rompe e spezza tutto; tale regno, proprio come il ferro, farà a pezzi tutto quanto (20).
Il testo non permette di stabilire se si tratti anche qui della storia dell'umanità o di un ciclo che si ripete all'interno di un periodo più corto. La difficoltà sta appunto nel definire la durata totale e quella dei cicli (21).
E' interessante notare la numerazione delle Età in India. Essa è simbolica; infatti si dice che la somma delle quattro Età è di dodicimila anni, e che questa è l'età (un'età) degli dei (22). Si può inoltre verificare che la proporzione tra le durate attribuite a ciascuna età è la stessa che vi è tra 4, 3, 2 e 1. Tale numerazione sembra inoltre convertibile in anni umani, perché vien detto: "Un anno dei mortali è uguale a un giorno e una notte degli Dei" (23). Si tratta, secondo A. Loiseleur-Deslongschamps (24) di 4.320.000 anni umani; si ritorna alla proporzione simbolica precedente, ma sviluppata in un tempo astronomico. L'intreccio del tempo simbolico e degli anni umani permette, su tale base, di calcolare la durata di un giorno di Brahma; il suo valore simbolico è "mille ere divine" (25), ossia 4.320.000 anni umani (alla fine dei quali sopravviene il Pralaya); la durata di un Manvatara invece "abbraccia 12000 anni divini ripetuti 71 volte" (26), ossia 306 720000 anni umani. Aggiungendo a quest'ultima cifra la durata di un Sandhi, posto alla fine di ogni Manvatara (ossia 4800 anni divini o 1728 anni umani), si ottengono 308.448.000 anni umani. Ora un ciclo completo, un 'talpa', comprende quattordici Manvatara, di cui sei sono già trascorsi (27). La durata totale di questi quattordici Manvatara, a cui si deve aggiungere un Sandhi, è di 4320000 anni, durata di un giorno di Brahma (28).
Per quanto affascinanti possano apparire tali calcoli al fine di tradurre l'esoterismo delle numerazioni dei cicli, essi restano pur tuttavia ambigui da due punti di vista: si basano sulla durata di un anno umano di 360 gradi, confondendo l'anno umano con il ciclo zodiacale e suggerendo piuttosto un'interpretazione precessionale; permettono inoltre un'interpretazione molto incerta del passato, definendo delle epoche che non corrispondono affatto a quanto insegna l'indagine archeologica.
Si deve riconoscere al lavoro di Paul Lecour, di R. Guénon e recentemente di G. Georgel (29) il merito di aver chiarito il problema dell'articolazione del simbolico e dell'astronomico, pur conservando alla traduzione astronomica la portata simbolica e quindi il significato esoterico dei cicli.
Per questi autori ciò consiste nel trovare il denominatore comune di tutti i cicli, simbolici e astronomici, cui giungono valutando il grande anno in funzione dello spostamento del punto vernale di 1 grado ogni 72 anni (30). Il grande anno precessionale è dunque di 25920 anni (31). Rispettando la proporzione tra le durate delle varie età, espressa simbolicamente dalle Leggi di Manu (4 3 2 1), otteniamo rispettivamente 6489 anni per l'Età del Ferro (Kali Yuga), 12960 anni per l'Età del Bronzo (Dupara Yuga); 19440 per l'Età dell'Argento (Treta Yuga) e quindi un ciclo completo di 25920 anni per l'Età dell'Oro (Krita Yuga) (32). Numerose sono le conseguenze: la durata totale di un ciclo dell'umanità è di 64800 anni, ossia trenta mesi precessionali, secondo la proporzione equivalente dei segni zodiacali 12-9-6-3/4-3-2-1. Il Grande Anno, tradizionalmente portato a 12960 anni, corrisponde dunque a sei mesi precessionali.
L'interesse di questo approccio astrologico e astronomico ai cicli sta nel porre le basi e i punti di riferimento di una storia esoterica delle religioni. Certo si può sostenere, con R. Amadou, che la coincidenza tra Grande Anno e fenomeno precessionale non implica assolutamente una conoscenza sperimentale di quest'ultimo (33), ma è la conseguenza, in anticipo rispetto all'epoca in cui tale fenomeno astronomico verrà scoperto, di una aritmosofia tradizionale (34). Comunque stiano le cose, è ormai possibile un collocamento temporale delle epoche, mentre la loro attribuzione a una serie di segni zodiacali permette di decifrarle simbolicamente, come pure di prevedere delle nuove ere, quale quella dell'Acquario. Paul Le Cour ha potuto così determinare il simbolismo del Toro, tipico delle religioni dell'Egitto, di Creta, della Caldea e dell'Assiria nel Periodo dal 4320 al 2160 a.C; il simbolismo dell'Ariete per l'Egitto faraonico, caratteristico della nuova religione introdotta da Mosé (35), nel periodo dal 2160 a.C. alla nascita di Cristo che apre così l'età dei Pesci, il cui termine si situa all'incirca nel 2160 della nostra era. La futura età dell'Acquario si può intravedere in alcuni segni premonitori, di cui Paul Le Cour ha dato un'ermeneutica non esclusiva. La radicalizzazione di quest'impresa effettuata da Jacques d'Ares (36) o da autori come J. Ch. Pichon (37) permette una rilettura astrologica dei miti della storia, che, contrariamente ai soli approcci strutturali sincronici, rida ai simboli e agli archetipi il loro potere diacronico.
I cicli nell'esoterismo permettono in tal modo di situare le istanze culturali più diverse, attraverso il rapporto che tutte le culture hanno con il nucleo originale delle loro produzioni. Tale rapporto contribuisce inoltre a ristabilire il senso delle fratture che contraddistinguono ogni cambiamento di epoca, di era o di età cosmica. Tutti i sistemi ciclici conoscono tali fratture: dal Pralaya indù alle 'rivoluzioni e notti cosmiche' dell'antroposofia steineriana o rosacruciana (38) (senza dimenticare lo Zim Zum degli Ebrei, la metacosmesi e l'apocatastasi degli stoici) l'esoterismo di ogni epoca religiosa rivela la specificità del suo "cherigma", situandolo in rapporto alla catena del passato e al proprio futuro immediato.
Il problema delle civiltà e delle razze scomparse, della successione di diluvi e di catastrofi terrestri di cui tante tradizioni religiose o filosofiche recano ancora le tracce, si chiarisce in quanto finalità stessa dei cicli: il processo dell'evoluzione.
Un sistema tanto esauriente quale quello dell'antroposofia, con i suoi sette periodi, di Saturno, del Sole, della Luna, della Terra, di Giove, di Venere, di Vulcano, ciascuno suddiviso a sua volta in sette globi che replicano i sette grandi periodi, può render conto simbolicamente dell'interrelazione dei processi teogonici, cosmogonici e antropogonici (39).
[Manca indicazione nota 40].
Il compito dell'esoterismo comparato è in primo luogo di ricostruire il sistema di tali cicli e di mettere in luce il significato simbolico e storico delle età, dei periodi, e delle ere che essi comprendono.
La traduzione di un sistema nell'altro comporta sempre un rischio e risulta essere un'impresa vana se non viene realizzata preventivamente una definizione comparativa delle unità minime dei cicli. Va al di là dei limiti di questo scritto un'analisi completa di tutti i sistemi esistenti, con il rispettivo principio di divisione prescelto (binario come in Platone e nel dualismo indiano del giorno e della notte cosmici, ternario nella successione dei tre grandi Maestri dell'Agartha, Brahatma, Mahatma, Mahanga, che diventano a turno Re del Mondo, quinario nei cinque Grandi Anni e così via) come pure con lo studio dei cicli astronomici e planetari, strumenti più adeguati per l'analisi di un breve periodo mondiale (41).
Quale che siano però il sistema e l'ermeneutica esoterici in questione, ciò che colpisce è che la tradizione non è mai l'invariabile ripetizione delle strutture antropologiche del Sacro. Essa è la storia vivente della libertà religiosa che nessun millenarismo ha potuto soddisfare. La filosofia esoterica della storia è ciclica, ma il ciclo ha la dinamica dell'ellisse; a ogni ritorno al punto di origine, vi è un cambiamento di livello, una modificazione dell'uomo (42). L'antropologia religiosa può scandire la storia del Sacro, delimitando con la sua teologia i momenti forti della sua libertà, ma non è in grado di anticipare il senso esistenziale futuro delle sue produzioni. Parimenti i cicli indiano, islamico o giudaico-cristiano portano a un'intensificazione del presente vivente della libertà religiosa, attraverso una teologia più che una profetologia, giustificando le dimissioni o le pacifiche assicurazioni di un'elezione divina. L'esoterismo della libertà religiosa, con la sua comprensione della storia, mira dunque a scoprire l'attuarsi della presenza di Dio nella storia umana: sta in ciò tutto il senso dell'ermeneutica. E' l'incontro con Dio, promessa per il futuro, che da vitalità al profondo del presente (43).

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