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SCHEDA ARTICOLO N. «00137»

CLASSIFICAZIONE: 1
TIPOLOGIA: ESOTERISMO
AUTORE: DIZIONARIO ESOTERICO
TITOLO: REINCARNAZIONE
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TESTO ARTICOLO

REINCARNAZIONE.

La reincarnazione è una delle chiavi della filosofia esoterica; rivela l'intelligibilità del mondo e dell'esistenza, che essa fonda così sulla relazione di causa ed effetto delle azioni in grado di continuare a sussistere da una vita all'altra. Principio di ordine e di giustizia, la reincarnazione conduce tanto a una negazione del ruolo del caso nella vita quotidiana, quanto a uno stimolo per la libertà dell'uomo, sempre capace di liberarsi delle catene che ostacolano la sua azione attraverso la conoscenza e la padronanza delle leggi dell'universo, della sua natura spirituale e delle sue aspirazioni più profonde. La reincarnazione non è oggetto di una credenza, ma un'ipotesi di lavoro, tale da orientare il pensiero verso un'interpretazione del senso degli avvenimenti e della logica del loro concatenamento. L'azione del soggetto si trova così illuminata e integrata in un mondo di analogie e di simboli, in definitiva in un cosmo. Contrariamente a quanto affermano ironicamente i suoi avversari, la reincarnazione non conduce affatto a una paralisi dell'azione e tanto meno avalla degli egoismi, incapaci di solidarietà. La spiritualità sottesa alla reincarnazione, lungi dall'allontanare gli uomini dalla storia dei popoli, li motiva, informandoli del significato ultimo del cammino e degli ideali dell'umanità. Non possono esistere liberazione e perfezionamento spirituale senza una parallela realizzazione collettiva e quindi politica di una fratellanza umana. E' così che la reincarnazione acquista in pieno il suo senso: essa è al tempo stesso una chiave che apre al pensiero i misteri dell'intelligibilità del mondo, e la legge della giustizia propria all'azione. Chiama in causa la responsabilità di tutta la comunità umana. Costituisce una cerniera che collega il mondo dall'alto in basso, tesse la trama dei Regni di Dio e delle Città degli uomini. Rende possibile la loro coincidenza analogica, così come spiega il loro tragico divario. La reincarnazione presuppone una concezione circolare del tempo. Applicata all'insieme dei regni della natura vivente, la reincarnazione prende la forma della palingenesi, in cui il ritorno periodico ed eterno degli stessi avvenimenti sembra relegare in secondo piano la questione della specificità degli esseri, della loro persona. Un orientamento simile si trova anche nella "Brihad Aranyaka Upanisad", come pure nei "Pensieri" di Marco Aurelio. La migrazione circolare e la risoluzione del composto umano nell'Unità primordiale sono i temi comuni delle "Upanisad", dei "Brahma Sutra", come pure dei loro prolungamenti ellenici, per esempio quelli eraclitei e stoici. Tuttavia la trasmigrazione di un principio delle anime da corpo a corpo implica, dal momento che la rinascita è negazione e limitazione dell'assoluto, un superamento del carattere circolare e ripetitivo del tempo dell'esistenza, nel nome stesso del compimento dell'assoluto e del suo stesso riassorbimento.
Anche se non si trovano tracce esplicite della credenza del passaggio delle anime in corpi differenti attraverso esistenze successive nei "Veda" e anche se ""Brahamani" e "Upanisad" considerano solo il trasferimento delle anime attraverso certe regioni del cielo o della terra secondo le destinazioni che si sono meritate" (1), l'India resta il Paese in cui l'idea della reincarnazione fiorisce in forma elaborata, nelle pratiche e nei riti popolari (2).
Ora la reincarnazione, nella sua forma compiuta, presuppone non solo il carattere circolare del tempo e la ripetizione degli incatenamenti propri del mondo relativo delle apparenze ("samsara"), ma anche la possibilità di un loro superamento mediante la conoscenza delle leggi dell'azione e l'interiorizzazione di quest'ultima sul piano sottile dell'essere. L'evoluzione dell'anima è a spirale, non è una ripetizione statica. La reincarnazione non è l'unica palingenesi. La sua finalità introduce un'apertura nel tempo attraverso una pratica spirituale (lo Yoga) (3); simultaneamente alla persona vien dato uno statuto; un'antropologia e un'etica accompagnano l'iniziazione fino alla liberazione, se la coscienza liberata è quella che si è fusa con il sé universale inesprimibile e senza attributi (l'Atman delle "Upanisad", il purusha del "Samkya" e dello Yoga) (4). E' precisamente l'assenza nel buddismo di uno statuto proprio al soggetto particolare a rendere problematica la stessa questione dello sforzo per liberarsi dalle apparenze. Se l'indifferenza ai desideri è liberazione, occorre ancora un soggetto interessato, senza del quale l'assurdo ha la meglio sulla vacuità, il non-senso sulla felicità.
Chi dunque si reincarna, e quale è la finalità della trasmigrazione che articola il tempo circolare dell'azione nel mondo, al tempo dell'evoluzione spirituale che lo trascende?
Le diverse concezioni relative alla reincarnazione fanno sempre dell'uomo la causa e l'effetto del suo karma, delle azioni da lui compiute nel corso delle sue esistenze. E' come dire che non coincide completamente con il piano della coscienza individuale. L'elemento permanente piuttosto è quello che trascende le fluttuazioni e le vicissitudini esistenziali. E la sua incarnazione totale nella coscienza che libera l'uomo dalla ruota delle esistenze. Così lo scopo della reincarnazione sta nel permettere alla coscienza separata di reintegrare la sua regalità originaria, ma solo dopo aver compreso esattamente la relatività e la vanità del potere della sua azione fino a che quest'ultima non coinciderà con le leggi e l'intelligenza cosmiche. Il processo di reincarnazione garantisce dunque tanto la continuità dell'esperienza umana, quanto la giustizia immanente della retribuzione degli sforzi e delle colpe. Ma la reincarnazione, compresa tra i due estremi dell'asse evolutivo, è inoperante tanto per i gradi inferiori della natura, in generale per gli animali, per i vegetali e per i minerali, privi di una coscienza separata, quanto per i gradi più elevati, quelli della coscienza cosmica liberatasi dai particolarismi egocentrici, coscienza a cui partecipano per il bene di tutti Maestri e Iniziati. In questo intervallo gerarchizzato della natura vivente il processo reincarnativo consiste nelle catene karmiche, attraverso cui l'autore dell'azione subisce il trauma del ritorno della propria azione. La casualità non è lineare, ma circolare, sul piano esoterico: essa definisce un soggetto accerchiandolo, tessendo la trama del suo destino. Al di là delle forze di attrazione e di repulsione, al di là del bene e del male, al cambiare del livello di coscienza e di percezione, la vita spirituale trova in se stessa il proprio centro, e in essa si riassorbono i cerchi dei mondi esteriori con le loro catene karmiche. La liberazione nasce eternamente dalla coincidenza del Sé con il Cosmo.
Il vero volto dell'uomo si scopre solo se questi è riuscito a diventare il padrone del proprio destino e si è posto al di là dello stesso karma. Sta qui tutto il senso delle tecniche spirituali ed esoteriche. Si tratti dei misteri orfici o delle regole di vita pitagoriche, dell'epopea platonica o dell'unione con il Brahma, la posta in gioco è sempre la stessa: sfuggire al ciclo delle trasmigrazioni attraverso il riconoscimento dell'identità tra sé e il principio.
Prima di allora l'uomo resta un miscuglio psicofisico che macina il proprio karma. Corpo sottile suscettibile di vivere in diversi piani di coscienza come fa nella fase "post mortem", l'uomo porta in sé anche le strutture di quello che Shankara chiama il Samskara, una sorta di tendenza o di "costruzione psichica" ereditata dalle vite precedenti. Tre tipi di karma concorrono a formare gli 'io' di uno stesso artigiano: l'agami-karman, mediante cui il saggio, fondendosi con il Brahman, annulla il karma accumulato; il samchita-karman, i cui effetti si faranno sentire nelle prossime esistenze; il parabdha-karman, a cui dobbiamo lo stato attuale della nostra esistenza (5). Nell'antroposofia e nella dottrina rosicruciana vi è il concetto di atomo-germe proprio a ogni corpo spirituale, che riassume i caratteri specifici sviluppati da quel corpo durante la vita fisica. Questo atomo-germe sarà il punto di partenza della genesi psichica del soggetto per la sua nuova incarnazione (6). Così da un esoterismo all'altro si ritrova l'idea di una psicologia genetica del soggetto spirituale, fondata sul ruolo formatore dell'atto morale. La reincarnazione riguarda tutte le categorie antropologiche di ordine fisico e spirituale, coinvolgendole in un processo ineluttabile di trasformazione; il filo di Arianna resta il 'testimone silenzioso' del teatro delle illusioni, che ricominciano incessantemente finché non è lui a occupare la scena della coscienza. Se i particolari del meccanismo della reincarnazione variano da una scuola all'altra (7), per esempio per quanto concerne l'intervallo di tempo tra due incarnazioni, o il numero, limitato o infinito, dei cicli delle rinascite necessarie per l'evoluzione dell'uomo, o la descrizione dei cieli attraversati e delle divinità incontrate dopo la morte, è tuttavia possibile ricavare degli insegnamenti comuni dalle "Upanisad", dalla "Baghavad Gita", da Pitagora, da Platone, dal "Bardo Thdol", dalla "Pistis Sophia", dalla Cabala cristiana, così come dall'esoterismo occidentale contemporaneo.
La prima osservazione è che tutte le teorie sulla reincarnazione pongono la trasmigrazione nella prospettiva dell'evoluzione spirituale. Il primo obiettivo è la liberazione dalla catena karmica, ottenuta mediante la coincidenza con il principio immortale chiamato Sé nelle "Upanisad", Io nell'antroposofia, Neschamah nella tradizione cabalistica. Quasi sempre la struttura antropologica che non si incarna più è una trinità. Lo "Zohar" ci dice che le tre parti dell'anima sono formate a immagine dei Tre in alto, che formano un'unità (8); l'uomo che se ne è mostrato degno riceverà un'anima da parte dell'emanazione, la figlia unica chiamata figlia del re, poi dal figlio: un'anima da parte del Padre o della Madre e da un altro dei nomi sacri di Jehova. Colui che non si incarna più è giunto, per la cabala cristiana come per la teosofia, a sviluppare la coscienza dei suoi tre corpi, che lo affrancano dalle leggi del karma tanto nel corpo causale (Binah) quanto in quelli buddico (Hochma) e atmico (Kether). Il "Bardo Thdol" ripete due volte: "Ricordati della preziosa trinità" (9) mediante cui l'uomo sfugge alla ruota delle rinascite, mentre la "Katha Upanisad" situava la liberazione finale nella triplice opera insegnata da Yama e Natchiketas: "Egli ha compiuto la triplice opera e va oltre la nascita e la morte... Getta lungi da sé i lacci della morte colui che compie la triplice opera di Natchiketas e conosce la triade" (10).
Mentre il rimprovero frequentemente mosso alla teoria della reincarnazione è quello di rassicurare attraverso la finzione di una sopravvivenza, i testi esoterici fanno della reincarnazione la legge della sofferenza e della necessità, da cui solo l'evoluzione spirituale può liberarci.
La reincarnazione obbedisce a un modello circolare, la cui dinamica è quella della coppia dei principi di evoluzione e involuzione. L'evoluzione e l'involuzione, così come reggono la liberazione o l'incarnazione, in tutti i contesti esoterici, spiegano i grandi assi del processo di reincarnazione.
Dopo la morte fisica i corpi sottili del defunto si staccano dalla spoglia e si riassorbono fino a un punto o germe che potenzialmente servirà alla formazione di un nuovo corpo, adatto alle disposizioni karmiche del soggetto. L'uomo, in un percorso ascendente, attraversa i mondi spirituali, la cui gerarchia è la stessa dei suoi corpi spirituali. A ogni piano di coscienza la percezione e lo stato del soggetto sono funzioni delle aspirazioni che furono sue durante la vita, ma amplificate nell'interiorità pura, nell'odio come nell'amore, perché prive dello schema del corpo. E' una sorta di retrospettiva della vita passata, in cui la coscienza umana viene illuminata rispetto alle proprie motivazioni, al significato delle prove subite: al tempo stesso però essa è posta di fronte ai propri sentimenti e ai propri pensieri, di cui percepisce le forme, oggettivate in una fantasmagoria in cui intervengono le immagini familiari del defunto, le divinità e i demoni delle sue credenze.
La sopravvivenza del desiderio determina la dipendenza della coscienza dalle sue stesse produzioni, come invece il suo impegno passato verso una vita spirituale la rende libera da loro. E' quindi sulla terra stessa che si gioca l'avvenire della libertà spirituale: il soggiorno nell'al di là non è che il prolungamento di un impulso, di cui si può solo constatare l'opportunità, non modificare la traiettoria. L'Induismo come il Lamaismo, lo "Zohar" come la cabala cristiana, il pitagorismo come il platonismo, l'antroposofia come lo spiritismo vedono nell'esistenza terrestre la condizione della liberazione dalla catena delle incarnazioni, se l'uomo ha saputo risvegliare e perfezionare la sua natura divina. Se non si realizza il significato profondo dell'incarnazione, la reincarnazione risulta amputata della sua finalità, che consiste nel contribuire al compimento della missione dell'uomo.
Il soggiorno dell'uomo nei piani superiori (il paradiso, l'eden, eccetera) ha una durata che è in funzione dell'importanza data loro dall'uomo quando era vivo. E' un karma favorevole, ma finché la rinascita o la trasformazione dell'essere umano non sono compiute, è sempre un karma, non un effetto duraturo che abbia in se stesso la propria causa. E' come dire che il soggetto non ha ancora convertito il suo potere d'azione, ma ha lasciato, per esempio, persistere la differenza tra l'esteriorità degli dei, del sacro, del suo principio spirituale e l'interiorità della sua coscienza. Esistono ancora livelli in cui non si è prodotta la riunificazione, in cui è ancora impedita l'identificazione. Il tempo del ritorno definitivo all'unità non è ancora giunto. Il processo dell'evoluzione giunge al suo apice. Tale momento è evocato da Platone nel Fedro (11) attraverso la poesia del mito e dell'allegoria. Ogni anima ha "levato il capo del suo cocchiere" verso la regione esteriore del Cielo, dove risiedono la Giustizia, la Sapienza e il Divino Sapere. Essa scorge più o meno bene "le realtà"; turbata dall'agitazione dei cavalli, non riesce ad avere una visuale d'insieme e ancora meno a elevarsi, malgrado il suo ardente desiderio. Le anime vengono allora trascinate in un turbinio e si allontanano "senza esser state iniziate alla contemplazione del reale". La persistenza di tale visione della realtà determina la natura dell'incarnazione; ma dipende dall'anima, una volta sulla terra, di restare sana e salva al fine di essere esente per sempre dal danno.
Esistono così un tempo e un luogo (12) del ritorno dell'anima alla sua patria originaria, dove, fortificata dalla "armonia ineffabile di questo mondo superiore", essa si prepara alla sua futura esistenza. Comincia ora il processo di involuzione: la formazione dei corpi mentale, astrale, eterico e fisico, a partire dagli atomi-germi contenenti in potenza le disposizioni karmiche delle vite passate. Questa discesa fino alla "porta delle matrici", ultima tappa che precede "la nascita nel germe" si conclude nel "Bardo Thdol" con la visione e la scelta del tipo di destino associato a ogni nascita, o luogo, percepito. Colpisce l'analogia di questo testo (13) con il mito del Decimo Libro della "Repubblica".
"Quale che sia la loro apparenza [delle matrici o delle visioni], non le considerare così come sono (o come appaiono), e non sentendoti né attratto, né respinto, potrai scegliere un buon germe." Le condizioni di una buona scelta dipendono dal "discernimento"; non si deve scegliere "all'impazzata"; peggiore è la vita che condurrà l'anima ad aumentare la sua ingiustizia, migliore, al contrario, quella che la condurrà verso un progresso della sua giustizia, mentre a tutto il resto essa dice "addio!" (14).
Così, indipendentemente dalla descrizione del processo della reincarnazione nelle diverse espressioni della Tradizione, un duplice movimento di reintegrazione dell'anima (un moto ascendente, evolutivo) e di incarnazione (discendente, involutivo) scandisce le tappe principali della vita tra due esistenze terrestri (15). L'idea di una giustizia, sia interiorizzata dalla coscienza del defunto che dopo la morte assume il ruolo di giudice, sia obiettiva, nei suoi molteplici aspetti simbolici, cosmologici, mitici, allegorici, accompagna invariabilmente i testi della tradizione esoterica. Le catene dell'azione, i cicli e la trama delle esistenze richiamano immagini correlative di reti, di legami intessuti, di fusi, di bilance, di stadere. Il luogo privilegiato è una colonna, un asse, un centro. La giustizia è retribuzione o castigo della causa nell'effetto. Essa è legata a una tematica della ripetizione del cerchio; il soggetto è prigioniero, rinchiuso o lasciato libero nell'infinito di un altro cielo, non circolare. In quanto legge, è la struttura immanente del soggetto dell'azione; in quanto giudizio prodotto, implica l'obiettività di un'autorità, dunque un riferimento esteriore. Ma in tutti i casi è vissuta come la ragion d'essere del soggetto e del cosmo. Il castigo, anche quando è inflitto, è vissuto come il momento di raccordo tra dissidenza e armonia, tra non-senso e intelligibile. La dimensione penale, giustiziera della reincarnazione è la ragion pratica, politica, dell'esoterismo. Le esistenze costituiscono il campo della "giustizia distributiva del senso" (16). "Non è più da respingere la prescrizione di considerare per ogni essere non solo la sua situazione attuale, ma i periodi anteriori e anche quelli futuri: è qui che si stabilisce la giustizia distributiva; di coloro che nella vita anteriore erano maestri, fa degli schiavi..."
La sanzione è dunque già indotta dal soggetto che la merita. Ciò equivale a eliminare ogni arbitrio dal regolamento del destino delle coscienze. La "Baghavad Gita", come già le "Upanisad", sviluppano il tema della giustizia immanente dell'azione. La sanzione sta già nel tipo di vita a cui ci conducono l'egoismo, la violenza, la vanità, il desiderio, la collera e l'invidia. "Condannati di nascita in nascita a un destino demoniaco, questi esseri impuri, questi insensati, o figlio di Kunti, anziché raggiungermi scendono fino all'ultimo gradino della vita." (17) L'incarnazione, in qualsiasi modalità si realizzi, è il primo dei giudizi. Ed è il sopravvivere del desiderio a trascinare la coscienza nei moti circolari del mondo. Reciprocamente "è la sovranità di Dio che in questo mondo fa girare la ruota di Brahman" (18). Questo Dio è dunque tanto "colui a partire da cui l'universo si sviluppa", quanto "colui che porta alla legge", che "risiede nell'Atman" (19) e che "sorveglia ogni attività, lui che ha preso dimora in tutti gli esseri, il testimone, il protettore. E' lui che nell'isolamento liberatorio sfugge alle qualità costitutive della natura" (20).
L'anima dell'uomo non subisce dunque altro castigo che quello impostole dal principio stesso della sua coscienza.
Si ritrova questa idea anche in Platone: esiste tutta una giustizia penale inerente alle condizioni di scelta del destino. Ciascuno sceglie il destino meritato, quali che siano i tormenti e il momento della scelta: "La mia scelta (dice l'anima di Ulisse) non sarebbe stata diversa se la sorte mi avesse dato il primo turno" (21). L'essere sopporta dunque permanentemente l'effetto di un giudizio. La reincarnazione in tal senso è precisamente la legge ontologica che presiede a tutte le ordinanze e i decreti. E' una giustizia in atto che fa dire allo "Zohar": "Essi non sanno che gli uomini son giudicati in Cielo ogni giorno e in ogni ora, e che le anime sono sottoposte a giudizio prima di scendere in questo basso mondo, e poi quando lo lasciano" (22).
Il giudizio dei morti, tuttavia, compare in tutti i testi, in una messa in scena in cui intervengono dei "tipacci selvaggi" dall'"aspetto di fiamma", che "mettono la carne al vivo", "strofinando" i cattivi soggetti "contro le spine delle siepi" (23); oppure compare il "Signore del Karma", che taglia la testa, strappa il cuore, estrae gli intestini, lecca il cervello, beve il sangue; "il corpo, essendo un corpo mentale, non può morire, neppure decapitato o fatto a pezzi" (24). E' significativo che alla fine venga svelato che questa macabra messa in scena altro non è che il frutto della nostra interiorità: "I Signori della Morte sono le nostre stesse allucinazioni... oltre le proprie allucinazioni personali, per la verità, non esiste nulla fuori di se stessi, nulla di simile al Signore della Morte, o a Dio, o a un Demone, uno Spirito della Morte dalla testa taurina" (25).
Così il realismo dei supplizi descritti dalla "Pistis Sophia", la visione platonica del Tartaro, i tormenti del "Bardo", risultano tutt'al più delle proiezioni simboliche dei nostri stessi fantasmi. La giustizia del castigo proviene dunque dal fatto che nessuno può sfuggire a se stesso, né sfuggire al mondo di cui è, sul piano delle strutture, l'"analogon". Il fuso della Necessità, lo specchio di Yama, o le "bilance della giustizia celeste" (26) non sono che le espressioni simboliche delle strutture antropologiche del Sacro.
Resta infine il problema della metempsicosi, di cui tutte le dottrine esoteriche parlano, e che ha causato tante difficoltà nella comprensione della reincarnazione, con cui ha finito per essere confusa. La metempsicosi implicherebbe che la natura del corpo umano non sia l'unica a poter fare da supporto alla trasmigrazione delle anime. Il termine più appropriato sarebbe 'metensomatosi'. Una delle ragioni per cui metensomatosi e reincarnazione vengono ingiustificatamente assimilate, per esempio facendo di un animale la possibile reincarnazione di un'anima umana, viene dall'incomprensione delle condizioni da cui, secondo i testi, dipende l'incarnazione dell'uomo in una forma fisica diversa da quella del regno a cui appartiene.
Tanto presso i Greci antichi (27), quanto nello "Zohar" (28), in Platone (29), presso i Celti (30), e così via, la reincarnazione delle anime umane in corpi di animali equivaleva alla sanzione di una caduta morale nell'evoluzione, oppure costituiva una tappa particolare nell'iniziazione dell'adepto, con lo scopo di perfezionare la sua conoscenza del mondo e dei livelli di coscienza; lo attesta, in parte, l'antica venerazione delle vacche in India. Si deve inoltre riconoscere il carattere simbolico degli animali citati nelle varie tradizioni, che indicano le qualità morali della futura esistenza. La trasformazione di Gwion in lepre, pesce, uccello e chicco di frumento, o quella di Amorgen in toro, avvoltoio, goccia di rugiada, fiore, cinghiale e salmone, mostrano quanto sia difficile distinguere tra metempsicosi, metamorfosi e allegoria. Comunque la metempsicosi resta un caso particolare della trasmigrazione delle anime (31).
Perché la reincarnazione, chiave dell'avventura umana, resta ancora una credenza tra le altre? Perché ogni coscienza non sperimenta la realtà di quella che in definitiva costituisce la sua storia?
Questa domanda rimanda alla questione del metodo della conoscenza esoterica rispetto alle ricerche spiritualiste o alla stessa parapsicologia. La conoscenza esoterica, di tipo iniziatico, suppone un parallelo sviluppo dei corpi spirituali, un allargamento del campo della coscienza umana. Il senso della reincarnazione si può quindi capire appieno solo entro di sé. Ciò significa situare la propria esistenza nel ciclo di quelle che l'hanno preceduta e considerarla quale preparazione di quelle che seguiranno. L'assenza di un ricordo diretto non deve ingannare: le varie antropologie e le loro pratiche spirituali, la reminiscenza platonica, l'iniziazione lamaica, la cabala cristiana, l'antroposofia per esempio hanno dato spiegazioni diverse dell'oblio del passato. Dalla coppa bevuta sulle rive del Lete ai due livelli di memoria, quello cosmico (le cronache dell'Akasha) (32) in cui l'adepto prende coscienza di tutte le sue vite e del suo karma, e quello individuale e fisico, legato ai corpi eterico e fisico, la contraddizione dell'oblio e dell'ipotetico rimembrare coinvolge l'uomo nella dialettica dell'assurdo e del senso, attraverso un approccio vivificante dell'ignoto.
La conoscenza resta così in primo luogo un rinascere al Sé, condizione della scoperta delle vite passate, tappa necessaria dell'iniziazione prima della liberazione (33).
Per tale ragione resterà sempre uno iato fondamentale tra la lettura delle vite passate, sotto ipnosi (34), e la lucidità di una coscienza allargata. La prima resta una conoscenza esteriore, usurpata, anche se la sua metodologia può esser legittimamente fondata in parapsicologia, mentre la seconda concorre allo sviluppo e all'attualizzazione delle potenzialità umane.

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