SRI AUROBINDO, RIVOLUZIONARIO DELLO SPIRITO (Giampiero Cara)
A più di duemila anni dalla nascita del suo più grande profeta, la razza umana sta giungendo ad un momento cruciale della sua storia. Negli ultimi decenni, sono stati molti i maestri e gli iniziati che hanno presentito la svolta. Ma uno soltanto ha portato alle estreme conseguenze questo presentimento. "L'uomo", diceva Sri Aurobindo, "non è il culmine dell'evoluzione. L'evoluzione continua, e l'uomo sarà superato".
Secondo questo grande guru indiano, una delle figure spirituali più importanti della nostra epoca, la specie umana, la prima dotata di autocoscienza tra le innumerevoli altre specie che si sono finora succedute sulla Terra, è in grado di accelerare il proprio processo evolutivo. Per farlo, però, deve superare gravi periodi di crisi.
Secondo Satprem, la guida spirituale francese che ha presentato al mondo l'insegnamento di Sri Aurobindo, la crisi attuale non è semplicemente di carattere morale, politico, religioso o economico. Si tratta piuttosto di una vera e propria "crisi evolutiva", all'interno della quale "ci troviamo allo stesso punto in cui, ad un certo punto dell'evoluzione, è stato necessario passare da una respirazione branchiale ad una polmonare, altrimenti era l'asfissia".
E proprio per accelerare questo passaggio evolutivo della specie umana, Sri Aurobindo e la sua compagna Mère (la Madre, ossia la Shakti sanscrita che, nella tradizione indiana, rappresenta l'energia che muove tutte le cose) trasformarono se stessi in una sorta di laboratorio alchemico per la sintesi di una nuova specie, guidati da un principio che Sri Aurobindo esprimeva con queste parole: "Divengo ciò che vedo in me stesso. Quel che il pensiero mi suggerisce posso farlo; ciò che il pensiero mi rivela, posso divenirlo. Questa dovrebbe essere l'incrollabile fede dell'uomo in sé, poiché Dio lo abita".
DALLA "DIVINA COMMEDIA" ALLA LOTTA PER L'INDIPENDENZA DELL'INDIA
Sri Aurobindo nasce a Calcutta nel 1872 (e precisamente il 15 agosto, lo stesso giorno in cui oggi si festeggia l'indipendenza dell'India) in una famiglia dominata dall'amore del padre, il dottor Krishnadan Ghose, per la cultura occidentale, che lo zelante medico condotto considerava infinitamente superiore al fumoso e arretrato misticismo dell'India. Lui stesso aveva studiato medicina in Inghilterra, e voleva che anche i suoi tre figli maschi, di cui Aurobindo era il più giovane, diventassero dei veri inglesi, senza conoscere neppure la lingua e le tradizioni della terra madre.
Aurobindo, infatti, fu affidato ad una governante inglese e frequentò una scuola di suore irlandesi. A sette anni partì per l'Inghilterra insieme ai suoi fratelli e vi rimase per ben tredici anni, sotto il controllo di un pastore anglicano che, secondo gli ordini del dottor Ghose, doveva fare in modo che i tre ragazzi non frequentassero indiani, ma non ricevessero neppure alcuna educazione religiosa, affinché da grandi potessero poi scegliere da soli.
Anche a questa disposizione paterna è probabilmente dovuto il fatto che Sri Aurobindo, pur dotato di una grande spiritualità, non fu mai legato ad una religione in particolare. "La vera teocrazia", avrebbe scritto in seguito, "è il regno di Dio nell'uomo, non il regno di un papa, di una Chiesa, o di una casta sacerdotale".
Quando, all'età di dodici anni, si trasferì a Londra coi suoi fratelli, Aurobindo conosceva perfettamente oltre all'inglese, sua lingua madre, anche il francese e il latino. Poi imparò il greco, il tedesco e l'italiano, leggendo addirittura tutta la Divina Commedia. Quando, durante gli ultimi anni di permanenza in Inghilterra, s'interruppero quasi completamente i sussidi dall'India, Aurobindo fu costretto a mantenere se stesso e i suoi fratelli con una borsa di studio che gli permise d'iscriversi alla facoltà di lettere classiche della famosa università di Cambridge. Fu nel corso dei suoi studi universitari che, appassionatosi alla causa indiana, entrò a far parte della società segreta "Loto e Pugnale", attirandosi addirittura i sospetti della polizia.
A vent'anni, in seguito alla morte del padre, Aurobindo ritorna in India. Poco dopo muore anche la madre, lasciandolo senza denaro, né lavoro, in un Paese sconosciuto. Aurobindo trova da mantenersi insegnando inglese e francese, e contemporaneamente prende a cuore le sorti del suo Paese, spronando gli indiani a liberarsi dell'egemonia britannica. Con una buona dose di temerarietà, intende organizzare una vera e propria rivoluzione.
Smessi gli abiti occidentali, indossa quelli tradizionali indiani -- tunica di cotone e babbucce con la punta rialzata -- e si lascia crescere i capelli. Impara da solo il sanscrito, in modo da poter leggere in versione originale i testi sacri del suo Paese. Si avvicina anche all'antica disciplina dello yoga, ma rifiuta il ritiro dal mondo che essa richiede, affermando che "uno yoga che esiga l'abbandono del mondo non è fatto per me. Una salvezza solitaria che lasci il mondo alla sua sorte quasi mi disgusta".
LA SCOPERTA DELLO YOGA
Ma quando suo fratello Barin, che insieme a lui tentava di organizzare la resistenza indiana nel Bengala, si ammala di una febbre che i medici non riescono a curare, Aurobindo scopre nello yoga dei poteri che gli erano sconosciuti. Un giorno, infatti, bussa alla sua porta un asceta errante che, vedendo Barin tremante di febbre, riesce a guarirlo con delle particolari tecniche yoga.
Allora Aurobindo comincia a liberarsi del tipico scetticismo occidentale e capisce che forse lo yoga può dargli quel potere di cui ha bisogno per liberare l'India. E così, pur continuando ad insegnare ed a svolgere in segreto la sua attività rivoluzionaria, comincia a praticare lo yoga fino a sei ore al giorno, ma i risultati che ottiene -- migliori condizioni di salute, una maggiore creatività, particolari visioni -- non gli bastano. Non riesce ad andare al di là dei limiti della mente.
Per aiutarlo a compiere questo passo interviene allora lo yogi Visnù Baskar Lelé, che gli insegna a meditare osservando i pensieri provenire dal di fuori e scacciandoli prima che penetrino nella mente. E così in tre giorni Aurobindo, il quale non aveva mai preso in considerazione l'idea che i pensieri potessero essere qualcosa di esterno alla mente, raggiunge la libertà interiore.
Il suo essere diviene in grado di ricevere una conoscenza superiore, proveniente dall'alto, che successivamente Sri Aurobindo chiamerà "principio sopramentale". Si tratta di un principio che comincia a lavorare dentro di noi per il perfezionamento e la liberazione del nostro essere, e rappresenta, secondo le parole dello stesso Sri Aurobindo, "l'unica energia in grado di produrre una trasformazione dinamica davvero integrale e irreversibile della materia".
Il sopramentale di Sri Aurobindo costituisce dunque una nuova tappa dell'evoluzione dell'anima che "ha avuto un passato pre-umano ed ha un avvenire super-umano". Tale evoluzione può consentire all'uomo di prendere coscienza del divino, inteso non come qualcosa di trascendente, bensì come ciò che l'uomo può diventare. "Il soprannaturale", scrive Sri Aurobindo, "è un naturale che non abbiamo ancora raggiunto, o che ancora non conosciamo, o del quale ancora non possediamo la chiave".
INDIA ADDIO...
Nel 1908, Sri Aurobindo viene arrestato dalla polizia britannica perché una bomba usata per un attentato fallito contro un magistrato inglese risulta fabbricata nel giardino di suo fratello Barin. Quest'ultimo, infatti, verrà condannato a morte, ma vedrà commutata la sua pena nella deportazione a vita. Sri Aurobindo, invece, verrà assolto, non prima però di aver trascorso un anno di carcere ad Alipore. Durante la sua prigionia, si rende conto che la liberazione dell'India, il grande compito che si era proposto, era in realtà soltanto un "elemento parziale di una meta che dilatava sempre più i suoi confini e che riguardava il futuro dell'uomo". Secondo lui, infatti, l'oppressione e la violenza che soffocano l'umanità non sono che la manifestazione di una crisi della specie, di una svolta evolutiva destinata a segnare il passaggio dall'"uomo mentale" di oggi all'"uomo sopramentale" di domani.
Nel 1910, per sfuggire ad un altro arresto e ad una probabile deportazione, Sri Aurobindo lascia per sempre l'India settentrionale e si stabilisce a Pondicherry, una piccola colonia francese situata nella parte meridionale del Paese, al di fuori della giurisdizione britannica, e abbandona la lotta politica. A Pondicherry, tra il 1910 e il 1920, prendono corpo le opere più importanti del guru, tra cui soprattutto e dello Yoga>. Sri Aurobindo scrive con notevole rapidità, lavorando contemporaneamente a più opere, senza sforzo.
"Ho lasciato lavorare il Potere superiore", spiega ad un discepolo, "e quando non voleva lavorare non mi sforzavo affatto. Prima, nei vecchi giorni dell'intelletto, tentavo talvolta di forzare le cose; ma non più da quando ho cominciato a fare della poesia e della prosa mediante lo yoga... E' nel silenzio mentale che scrivo, e quello che scrivo mi arriva già formato dall'alto".
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