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SCHEDA ARTICOLO N. «00229»

CLASSIFICAZIONE: 2
TIPOLOGIA: BUDDISMO
AUTORE: DALAI LAMA
TITOLO: IL PRIMO GIRO DELLA RUOTA DEL DHARMA: SECONDO GLI INSEGNAMENTI DI S.S.DALAI LAMA
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TESTO ARTICOLO

Tratto da:

Dalai Lama.
La ruota del Dharma.

Il Primo giro della Ruota del Dharma.
(secondo gli insegnamenti di S.S.Dalai Lama).

- Le Quattro Nobili Verità -

Secondo la leggenda, raggiunta la piena illuminazione, il Buddha restò in
silenzio per quarantanove giorni, senza predicare. Il suo primo insegnamento
pubblico fu diretto ai cinque asceti che erano stati suoi compagni quando
conduceva vita di mendicante. Avendo compreso che l'ascetismo non porta alla
libertà dalla sofferenza, il Buddha - allora chiamato Siddharta Gautama -
aveva abbandonato le pratiche ascetiche e si era separato dai cinque
compagni.

Offesi per quello che ritenevano un tradimento, essi avevano giurato di non
avere più nulla a che fare con lui. Credevano, infatti, che il mutamento di
Siddharta indicasse la sua incapacità di perseguire la via dell'ascetismo.
Ma, quando lo incontrarono dopo l'Illuminazione, si sentirono spontaneamente
attratti verso di lui. Ai cinque antichi compagni il
Buddha impartì il primo insegnamento pubblico, nel Parco delle Gazzelle di
Sarnath.

In quel discorso, divenuto famoso come primo giro della ruota del
Dharma, il Buddha espresse i principi delle Quattro Nobili Verità. Come la
maggior parte di voi saprà, queste Quattro Verità sono:

- la Verità della sofferenza, la Verità dell'origine della sofferenza, la
Verità della Estinzione della sofferenza, la Verità del Sentiero che conduce
alla
estinzione della sofferenza.

Secondo il Sutra relativo al primo giro, il Buddha espose le Quattro Nobili
Verità sulla base di tre fattori: la natura delle verità stesse, la loro
specifica funzione, il loro effetto o completo conseguimento. Il primo
fattore riguarda la natura di ogni singola verità. Il secondo spiega la
necessità
che il praticante comprenda il significato specifico di ciascuna verità - e
cioè:

riconoscimento della sofferenza ed eliminazione della sua origine;
attuazione dell'estinzione della sofferenza; realizzazione del sentiero che
porta
all'estinzione.

Nell'ottica del terzo fattore, il Buddha spiegò il risultato
ultimo, o completo conseguimento, delle Quattro Nobili Verità - e cioè:
completo riconoscimento della sofferenza, completo abbandono dell'origine
della sofferenza, completo conseguimento dell'estinzione della sofferenza,
completa attuazione della via che porta all'estinzione della sofferenza.

Personalmente reputo l'insegnamento delle Quattro Nobili Verità molto
profondo.

Esso espone in sintesi il progetto dell'intero corpus del pensiero e della
pratica buddisti, delineando cosi la struttura base del cammino
dell'individuo verso l'Illuminazione. Tornerò su questo più avanti. Ciò che
desideriamo e
cerchiamo è il conseguimento della felicità e l'eliminazione della
sofferenza.

Il desiderio di conseguire la felicità e eliminare dolore e sofferenza è
innato in ciascuno di noi e non ha bisogno di giustificazione per la sua
esistenza e validità. Tuttavia felicità e sofferenza non sorgono dal nulla.

Esse sono conseguenza di cause e condizioni. In breve, la dottrina delle
Quattro Verità stabilisce il principio di causalità. Tenendo presente questo
punto fondamentale, mi trovo a volte a considerare come tutto il pensiero e
la pratica buddisti si possano condensare in due principi: 1) adottare una
visione del mondo che percepisca la natura interdipendente dei fenomeni,
ossia la natura di origine dipendente di tutte le cose e di tutti gli
eventi; 2)
su questa base, adottare uno stile di vita non violento e che non rechi
danno.
Il buddismo sollecita la condotta non violenta sulla base di due semplici e
ovvie premesse:

1) in quanto esseri senzienti, nessuno di noi desidera la
sofferenza;

2) la sofferenza ha origine da sue determinate cause e condizioni.

Gli insegnamenti buddisti asseriscono inoltre che la causa
principale del dolore e della sofferenza sta nella nostra ignoranza e
confusione mentale.

Perciò, se non vogliamo la sofferenza, il passo logico da fare è astenersi
da azioni negative, le quali conducono naturalmente a conseguenti esperienze
di
dolore e sofferenza. Dolore e sofferenza da soli non esistono; si verificano
come risultato di cause e condizioni. Qui, nella comprensione della natura
della sofferenza e del suo rapporto con cause e condizioni, il principio di
origine dipendente gioca un ruolo fondamentale.

In sostanza, il principio di origine dipendente asserisce che un
effetto dipende dalla sua causa. Dunque, se non volete il risultato,
dovreste impegnarvi per eliminare la sua causa. All'interno delle Quattro
Verità
troviamo in atto due distinti binomi causa - risultato: la sofferenza è il
risultato e l'origine della sofferenza è la causa; parimenti, la vera
estinzione della sofferenza è pace (risultato) e il sentiero che ad essa
conduce è la causa di quella pace. La felicità che cerchiamo - autentica e
durevole pace e felicità - si può ottenere solo attraverso la purificazione
della mente.

Questo è possibile se eliminiamo la causa principale di ogni
sofferenza e infelicità - la nostra fondamentale ignoranza. La libertà dalla
sofferenza, la vera estinzione della sofferenza, può prodursi solo dopo che
siamo riusciti a smascherare l'illusione creata dalla nostra abituale
tendenza a percepire i fenomeni come dotati di esistenza intrinseca e, di
conseguenza, abbiamo realizzato la profonda visione intuitiva che penetra la
natura
definitiva della realtà. Per giungere a questo, tuttavia, l'individuo deve
perfezionare i tre addestramenti superiori.

La pratica della Visione Profonda, o saggezza, agisce quale effettivo
antidoto all'ignoranza e alle illusioni che da essa derivano. Tuttavia,
soltanto
quando essa venga unita a una capacità di concentrazione univoca, tutta
l'energia e
l'attenzione della nostra mente possono essere focalizzare senza distrazione
sull'oggetto di meditazione prescelto. Perciò, l'addestramento nella
concentrazione superiore è un fattore indispensabile negli stadi avanzati di
applicazione della saggezza ottenuta attraverso la profonda visione
intuitiva.

Tuttavia, perché la pratica della concentrazione superiore e la pratica
della visione profonda superiore siano coronate da successo, il praticante
deve
innanzi tutto stabilire una solida base di moralità adottando uno stile di
vita eticamente valido.

I tre addestramenti superiori.

Come vi sono tre tipi di addestramento superiore nell'etica, nella
concentrazione e nella saggezza - così le scritture buddiste si dividono in
tre grandi branche: disciplina, serie di discorsi, conoscenza metafisica. Si
può affermare che una persona sia un detentore del Buddhadharma quando è in
grado di intraprendere un autentico esercizio di queste tre discipline,
fondato sullo studio dei tre gruppi di scritture, nonché di trasmettere tale
conoscenza ad altri. La necessità di impegnarsi nei tre addestramenti
superiori è identica per gli uomini e per le donne. Per quanto concerne
l'importanza dello studio e della pratica, non si può fare alcuna
distinzione tra i praticanti sulla base del loro sesso. Tuttavia, nelle
regole
monastiche di disciplina etica vi sono alcune differenze, a seconda del
sesso del
praticante. Il principale fondamento della pratica della moralità consiste
nell'astenersi dalle dieci azioni negative: tre attinenti al corpo, quattro
attinenti alla parola, tre attinenti al pensiero.

Le tre non - virtù fisiche sono:

1) uccidere: privare intenzionalmente della vita un essere vivente, sia esso
persona o animale, anche se insetto;

2) rubare: impadronirsi di una proprietà altrui senza il consenso dell'altra
persona, indipendentemente dal valore di detta proprietà;

3) impropria condotta sessuale: commettere adulterio.

Le quattro non virtù verbali sono:

4) mentire: ingannare gli altri con parole o gesti;

5) disunire: creare discordia, facendo in modo che coloro che sono d'accordo
entrino in disaccordo o coloro che sono in disaccordo lo siano
ulteriormente;

6) parlare violento: maltrattare gli altri con le parole;

7) fare discorsi vani: parlare di cose futili perché motivati dal desiderio,
e così via.

Le tre non - virtù mentali sono:

8) cupidigia: desiderare di possedere qualche cosa che appartiene ad altri;

9) intenzione malevola: desiderare di fare del male ad altri, sia in piccola
sia in grande misura;

10) visione errata: sostenere per esempio che la rinascita, la legge di
causa e effetto o i Tre Gioielli non esistono.

La moralità praticata da un apprendista spirituale in termini di esplicita
adozione di una particolare condotta etica sotto forma di precetti è
conosciuta come disciplina della liberazione individuale, o Pratimoksa. Per
quanto concerne la natura e l'elenco specifico dei precetti, emersero
nell'India antica quattro tradizioni principali, poi suddivise in diciotto
sotto scuole.

Ognuna delle quattro tradizioni principali aveva la propria
versione del Sutra della liberazione individuale (Pratimoksa Sutra)
tradizionale resoconto delle raccomandazioni disciplinari del Buddha, che
elenca i precetti etici ed enuncia gli orientamenti fondamentali della vita
monastica. Nella tradizione tibetana il sistema monastico e le regole etiche
ad esso connesse sono quelli della scuola Mulasarvastivadin.

Secondo il Sutra della Liberazione individuale di questa scuola, scritto in
sanscrito, ci sono 253 regole da seguire per il monaco che abbia preso
l'ordinazione completa, e 364 per la monaca completamente ordinata. In
questo la tradizione tibetana differisce dalla tradizione Theravada, che
accetta la
versione del Sutra in lingua pali, dove sono elencati 277 precetti per il
monaco e 311 per la monaca. La pratica della moralità - impedire alle tre
porte (corpo, parola, mente) di indulgere in azioni nocive - ci arma di
consapevolezza e coscienziosità. Queste due facoltà ci aiutano a evitare
gravi forme di azioni negative fisiche e verbali, che sono distruttive per
sé e
per gli altri.

Per questo motivo la moralità è il fondamento della via buddhista.

La seconda fase è la meditazione, ossia l'addestramento nella concentrazione
superiore. In generale, parlando di meditazione in senso buddhista,
distinguiamo due tipi principali: la meditazione concentrativa e la
meditazione analitica. La prima si riferisce soprattutto agli stati
meditativi della calma dimorante e alle varie pratiche meditative
interamente connesse
a questo stato.

Le caratteristiche principali di questo tipo di meditazione
sono il carattere di univocità della concentrazione e la qualità di
assorbimento meditativo che esso genera.

Meditazione analitica, invece, si riferisce a stati che, entrando in
contatto con l'oggetto di meditazione, sono principalmente rivolti a
esaminare e ad
analizzare l'oggetto in questione. Essa comprende anche pratiche non
caratterizzate solo dalla concentrazione univoca, ma associate a una analisi
più profonda.
Tuttavia, in entrambi i casi, è essenziale possedere un solido fondamento di
consapevolezza e vigilanza - facoltà che hanno origine, come abbiamo visto,
in una salda
pratica di disciplina etica. Anche sul piano ordinario, nella vita di ogni
giorno, l'importanza della consapevolezza e della vigilanza non dovrebbe
essere
sottovalutata. Per riassumere: quando ci impegniamo nella pratica della
moralità, gettiamo le
fondamenta dello sviluppo mentale e spirituale. Quando ci impegniamo nella
pratica complementare della concentrazione, rendiamo la mente disponibile e
ricettiva a questo scopo più elevato, e la prepariamo alla successiva
pratica
superiore della visione profonda, o saggezza. Mediante la facoltà della
concentrazione
univoca, frutto del fissare la mente su un unico oggetto, siamo in grado di
incanalare tutta la nostra attenzione e la nostra energia mentale verso un
dato
oggetto. A questo punto, grazie a uno stato mentale assai stabile, è
possibile generare una
reale e profonda visione della natura ultima della realtà. Questa penetrante
visione
intuitiva della non esistenza del sé è l'unico antidoto diretto
all'ignoranza, giacché
essa sola è in grado di sradicare le nostre fondamentali percezioni errate,
ovvero la
nostra ignoranza, insieme con i vari stati illusori cognitivi ed emotivi che
da
essa derivano.

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