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SCHEDA ARTICOLO N. «00263»

CLASSIFICAZIONE: 5
TIPOLOGIA: AFFINE
AUTORE: ANNA POLETTI
TITOLO: INCONTRO CON LORIS ADAUTO MUNER
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TESTO ARTICOLO

INCONTRO CON LORIS ADAUTO MUNER

di anna poletti

- Che cosa sono le dipendenze e in che modo danneggiano la nostra vita?

Ogni forma di dipendenza deriva dal credere che ci sia qualcosa al di fuori
di noi che possa salvare o rovinare la nostra vita. Le forme di dipendenza
possono variare: si pensi alla dipendenza da sostanze farmacologiche, alle
droghe, all'alcol, ma anche al campo delle relazioni, agli atteggiamenti
compulsivi e alle dinamiche relative al lavoro. Ma la credenza magica ad
esse sottostante è la medesima.

Le dipendenze, con i loro "demoni", attaccano la nostra anima e ci privano,
da un punto di vista esistenziale, della nostra responsabilità umana. Senza
libertà di scelta l'uomo si oggettivizza, diventa "cosa". Senza
responsabilità viene meno anche la libertà, la caratteristica peculiare
dell'essere umano.

Se la responsabilità della nostra vita dipende da una sostanza, da una
donna, dal lavoro, automaticamente si è privati della libertà. E senza
libertà l'anima viene schiacciata, annientata. Ho conosciuto tanti esseri
umani a cui la dipendenza dall'eroina aveva ridotto l'anima a un lumicino
fievole, a una fiammella quasi estinta.

- Quali sono i passi da compiere per liberarsi dalle dipendenze

Lavorare in comunità mi ha portato a conoscere il Programma dei dodici passi
ideato dai primi Alcolisti Anonimi, il famoso gruppo di auto-aiuto che si è
dimostrato valido per liberarsi dalle dipendenze, di qualsiasi tipo esse
siano.

Il primo passo è arrendersi. Dalla dipendenza non si esce fino a che si
crede di comandare e di controllare l'oggetto della dipendenza. Alla base
della dipendenza vi è un delirio di onnipotenza, e, in questo senso,
potremmo affermare che la dipendenza è il trionfo dell'Ego sul Sé.

L'Ego è la mente della scarsità, la mente della paura, come lo definiscono i
buddisti. L'Ego si struttura sulla paura, e la resa dell'Ego significa
rinunciare al delirio di onnipotenza e affidarsi a una saggezza spirituale.

Fuori dal sistema dell'Ego non si sente mancanza, non si ha paura di perdere
qualcosa, perché il cuore è ricolmo d'amore e si scopre che la pienezza,
l'innamoramento e l'amore sono uno stato dell'anima e non dipendono da altre
persone. Le persone di cui ci innamoriamo sono gli specchi che ci rimandano
il nostro Sé, la nostra anima. Spesso ci innamoriamo degli specchi,
dimenticando che è il riflesso che ci rimandano a cui in realtà aneliamo.

- Affidarsi a un Potere Superiore per essere aiutati a liberarsi dalle
dipendenze che rendono incontrollabile la nostra vita. Cosa significa?

Affidarsi a un Potere Superiore, a Dio per chi crede, oppure al proprio Sé,
è un passaggio fondamentale che permette di aprirsi un varco nel percorso
del Perdono. Vi è un aspetto salvifico nella dipendenza: se riesco a
sbattere per terra il muso dell'Ego, e mi arrendo, si apre una via
spirituale.

Il bisogno di dipendenza si può definire in due modi, a due livelli diversi;
il bisogno di controllo, che fa parte della struttura dell'Ego, e il bisogno
di totalità, che fa parte del mondo del Sé. Il desiderio di riunirsi alla
totalità, che spesso viene mal compreso e vissuto come bisogno di simbiosi,
è un anelito alla ricerca spirituale.

Quando, ai soggetti dipendenti, sono riuscito a fare spostare l'attenzione
dalla droga verso la ricerca di spiritualità e di assoluto, ho potuto
costatare una forte sensibilità a questo richiamo. Spesso i
tossicodipendenti cercano, anche se in modo sbagliato, i valori assoluti.

- Quanta importanza hanno la conoscenza di se stessi e dei propri errori per
uscire da una dipendenza?

Liberarsi da una dipendenza implica necessariamente la comprensione di se
stessi. Se sono dipendente proietto la responsabilità della mia vita al di
fuori di me. L'opposto della dipendenza è la presa di responsabilità e
quindi la libertà, che può venire solo con la consapevolezza.

Riconoscere i propri errori è un primo passo, ma non basta. Il passaggio
successivo è la consapevolezza. Sono consapevole solo se mi assumo la
responsabilità delle conseguenze del mio problema. Bisogna avere il coraggio
di ammettere i propri errori fino in fondo.

Quando un alcolista riesce a dire alla persona a cui è legato: "so che bevo
perché in questo modo ti ricatto moralmente e ti lego a me", o una donna
depressa al suo compagno: "io ho una depressione perché in questo modo ti
faccio sentire in colpa e tu non mi lasci", solo allora, quando si sa di
avere peccato, non si è più nel peccato.

- Cos'è la codipendenza? Come liberarsi dal bisogno di controllare gli altri
e di farci controllare dagli altri?

La codipendenza è un'altra forma di dipendenza. Il dipendente ha bisogno di
una certa cosa. Il codipendente invece ha bisogno del bisogno che il
dipendente ha di una certa cosa. Spesso i codipendenti, ad esempio la moglie
di un alcolizzato, nel momento in cui il marito cerca di venirne fuori, fa
inconsciamente di tutto per indurlo ad una ricaduta. Hanno bisogno della
dipendenza dell'altro per crearsi un'identità e soddisfare i propri bisogni.

L'unica differenza tra il dipendente e il codipendente è che quest'ultimo
crede di essere sano. E crede anche che salverà l'altro. Pensiamo alla
famosa "sindrome della crocerossina". In fondo sia il dipendente che il
codipendente cercano di usare qualcos'altro per sfuggire alla responsabilità
della loro vita.

- Quali sono le basi su cui instaurare una relazione sana?

Premetto che le relazioni sane sono piuttosto rare, anche se ci sono.
Riconoscere l'amore come una via che conduce a Dio, e non come a una via che
conduce all'altro è la soluzione. L'altro è uno specchio che riflette la
nostra anima. Amare l'anima, non gli specchi, è la base per creare una
relazione sana. Aprirsi all'altro e al contempo a se stessi, fare accadere
l'incontro che rivela l'io al tu, inter-essere è amore.

La mia esperienza con i tossicodipendenti mi ha fatto capire che non basta
togliere l'eroina, la sostanza che genera dipendenza. Eliminata l'eroina,
resta il vuoto esistenziale. Per restituire l'uomo a se stesso, prima che
possa donarsi all'altro, bisogna iniziare col dargli un senso di
appartenenza (ad esempio a un gruppo o al terapeuta). E' un passaggio
indispensabile per potersi poi separare, e per conquistare la libertà da cui
sgorga l'amore.

- Quali sono state le maggiori soddisfazioni raccolte durante gli anni
trascorsi con i tossicodipendenti?

Le maggiori soddisfazioni? Vederli tornare a vivere con l'anima accesa. Le
tristezze, ovviamente, vedere che alcuni non ce la facevano a vincere la
morte. Una volta, ricordo con particolare felicità, uno di loro mi disse:
"sai, abbiamo deciso che tu sei quasi come noi, ma guarda che non lo diciamo
a tutti."

LORIS ADAUTO MUNER

E' counselor clinico e counselor di comunità. Ha studiato sociologia e
psicologia; si è formato in Logoterapia, nella via della ricerca del senso e
del significato. Ha lavorato per quasi dieci anni in una comunità
terapeutica, specializzandosi sulle dipendenze e sul recupero delle ricadute
(la via del naufragio esistenziale) e seguendo i tossicodipendenti e le loro
famiglie.

E' stato supervisore di una casa-alloggio per malati di Aids e
docente-formatore presso l'Istituto Internazionale di Psicosintesi
Educativa. Attualmente conduce seminari di crescita personale e ricerca del
Senso e lavora come counselor tra Milano e il Veneto. Ha esperienza diretta
di disagio giovanile, dipendenza di coppia e familiare.

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