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Roberto Luigi Buttafava Sai Baba e La Reincarnazione La risposta a tutti i perché Edizioni Milesi
Ha fatto scalpore invece il caso di don Mario Mazzoleni, scomunicato per aver pubblicato il volume:" Un sacerdote incontra Sai Baba (Armenia Editore)", in cui anch'egli dichiarò di aver abbracciato la dottrina della reincarnazione e propose Sai Baba come nuova incarnazione di Dio (mentre per la Chiesa Romana, come si sa, si deve credere in un'unica incarnazione divina, quella di Gesù).
Riguardo alla reincarnazione Mazzoleni scrisse:
"I più grandi filosofi hanno dimostrato l'eternità dell'anima e a chiunque di noi abbia sufficiente discriminazione è dato di constatare quanto breve sia la vita del corpo. Se il corpo muore e l'anima sopravvive, che cosa ci impedisce di pensare che l'anima dimori in più corpi, uno successivo all'altro? È proprio così irragionevole ritenere che quello Spirito Divino che dimora in ciascuno di noi, e che in sé è puro, debba servirsi ancora di ulteriori incarnazioni per completare i compiti lasciati in sospeso nelle vite precedenti?
Quanto all'assioma di attribuire solo a Gesù il titolo di Dio incarnato, Mazzoleni afferma nel libro "incriminato":
... Qui tutto sembra irremovibile, solo quando l'ottica in cui si guarda il problema è ristretta. A mio parere, l'errore in cui è caduta certa teologia cattolica è nell'aver fuso e confuso le due realtà, Gesù e Cristo, in una.
Gesù - dice la teologia tradizionale - fu vero uomo e vero Dio. Naturalmente! Ma la nozione di Unigenito riguarda principalmente la sua Essenza Divina. Tale, infatti, è il senso attribuito da tutta la dottrina classica, specialmente tomistica... Per sciogliere dunque l'obiezione molto comune che viene mossa da cristiani impediti a credere che Dio possa incarnarsi ancora, dal momento che per loro c'è stato solo Cristo come unica incarnazione di Dio, è necessario porre l'accento sulla dimensione eterna e irripetibile di quell'Unigenito e distinguerlo chiaramente da quella fisico-storica, ripetibile nei secoli sotto varie forme, secondo il beneplacito di Dio."
Insomma, dice in sostanza Mazzoleni, è assurdo voler stabilire dei limiti alla libertà di Dio di reincarnarsi come e quando vuole, il numero di volte che vuole, quindi anche in Colui che molti chiamano "il nuovo Cristo", Sai Baba. Tanto più che "il Signore stesso aveva preconizzato il Suo ritorno, pur tacendo la forma sotto la quale si sarebbe reincarnato".
È un pensiero analogo a quello d'un altro teologo cattolico, Eugen Drewermann, che ha osato scrivere:
... Cosa ci impedisce, anche come cristiani, di riconoscere la saggezza e la verità della credenza induista, secondo la quale Vishnu, la seconda persona della triplice divinità, ritorna sempre di nuovo sulla terra, in ogni stadio di sviluppo della vita, per rendersi visibile in forme e sembianti perennemente diversi?
- I primi cristiani -
Il crescente numero di Cristiani che oggi accorrono da Sai Baba a Puttaparthi e accolgono il Suo messaggio con gioia costituisce un fenomeno che può stupire molti, ma che forse può essere spiegato considerando tre motivi particolari:
- primo, Sai Baba non vuol sottrarre i Cristiani alla loro religione e convertirli all'Induismo, ma ripete incessantemente che tutte le religioni sono valide e che ciascuno deve continuare a professare quella in cui è stato indottrinato;
- secondo, il messaggio di Sai Baba è del tutto simile, nella sua essenza, a quello di Cristo e di tutti i grandi maestri spirituali, e questo deriva dal fatto, ormai assodato, che questi stessi grandi maestri religiosi d'ogni tempo hanno attinto dall'antica filosofia vedica;
- terzo, la dottrina della reincarnazione sostenuta da Sai Baba, come da tutte le religioni orientali, faceva parte anche delle credenze dei primi Cristiani, sia pure a livello di iniziati. Origene, uno dei massimi Padri della Chiesa, ne parla diffusamente.
Basti ricordare il passo:
Le anime che richiedono i corpi si vestono di essi e, quando queste anime cadute si sono elevate a cose migliori, i loro corpi si annientano ancora una volta. Così le anime svaniscono e riappaiono continuamente.
Anche Sant'Agostino, nelle Confessioni, si domanda:
"Dimmi, Signore, dimmi se la mia infanzia successe ad altra mia età morta prima di essa? E prima ancora di quella vita, o Dio, mia gioia, fui io forse in qualche luogo o in qualche corpo?"
Il suo contemporaneo San Girolamo (347-420 d.C.), vissuto per anni in Oriente ed estimatore di Origene, sosteneva la dottrina delle vite ripetute e si preoccupava che la gente non la capisse:
"Non conviene si parli troppo delle rinascite, perché le masse non sono in grado di comprendere."
San Giustino, martirizzato verso il 165 d.C., credeva nella reincarnazione e anche nella metempsicosi, cioè con possibilità di regressione in corpi animali:
"... L'anima abita più di una volta in corpi umani, ma se si sono rese indegne di vedere Dio in seguito alle loro azioni durante incarnazioni terrestri, riprendono corpo in animali inferiori."
Non deve meravigliare che questi credenti nella reincarnazione siano stati canonizzati dalla Chiesa, poiché, all'epoca, erano numerosi i capi della Cristianità che ammettevano questa dottrina. Tanto che il filosofo Clemente Alessandrino, maestro di Origene, dichiara che la dottrina della trasmigrazione delle anime è una verità "trasmessa dalla tradizione e autorizzata da San Paolo"; e aggiunge: "è una tradizione divina".
- La condanna della Chiesa -
Fu nel II Concilio di Costantinopoli indetto dall'imperatore Giustiniano (553 anni dopo la morte di Cristo) che venne cancellata la dottrina della reincarnazione e vennero condannati gli scritti reincarnazionisti di Origene (benché spesso inclusi tra le preghiere del breviario).
Numerosi sono ormai i ricercatori che hanno appurato come Giustiniano avesse imposto questa decisione conciliare senza il consenso del Papa d'allora, Virgilio, il quale, pur essendo presente in Costantinopoli, non partecipò alla seduta.
E, approfondendo le ricerche, si è pure giunti alla conclusione che a indurre l'imperatore a questo passo sia stata anche la pressione esercitata dall'imperatrice Teodora, sua moglie, da lui considerata la sua migliore consigliera. Teodora, ex-ballerina dal passato tumultuoso, aveva fatto uccidere cinquecento sudditi che conoscevano i suoi trascorsi. Poi, terrorizzata dalla dottrina della reincarnazione, che stabiliva sofferenze nelle vite successive per colpevoli di assassinio, avrebbe indotto Giustiniano a eliminare la dottrina delle vite successive, come per annullare questa terribile minaccia.
Altri studiosi ritengono che la bolla giustiniana sia stata favorita anche dal fatto che già nel 537 la Chiesa era lacerata da numerose controversie ed eresie. Altri ancora, più maliziosamente, avanzano l'ipotesi che la Chiesa si fosse resa conto che, per imporre il Cristianesimo alle masse, era preferibile sostenere la teoria di un'unica vita e di un unico giudizio di premio, o castigo subito dopo la morte.
La promessa d'un Paradiso immediato, o la minaccia d'una eterna condanna all'Inferno, producevano un effetto potente sulle loro menti, inducendoli a mettersi sotto le ali protettive della Chiesa, per ottenere aiuti e scongiurare castighi ultraterreni. Mentre il concetto che, anche comportandosi male in questa esistenza, fosse possibile rimediare in una successiva poteva servire da alibi per i più deboli e neghittosi. In questo senso si può ammettere anche l'utilità di questo ostracismo a una dottrina in anticipo sui tempi, ma va ricordato che, per la sola colpa di sostenerla, molti Cristiani dissidenti vennero perseguiti e sterminati dall'Inquisizione.
2. LE RISPOSTE CREDIBILI
Anche se gli scritti sulla reincarnazione vennero dispersi e deformati, alcuni gruppi di iniziati continuarono i loro studi esoterici segretamente. Verso il 1200 la teoria delle vite ripetute cominciò a riaffiorare tra mistici e spiritualisti, sebbene fortemente avversati, e finalmente, negli ultimi due secoli, se parlò più liberamente, seppure sempre in ambienti ristretti.
Oggi ormai i tempi sono maturi, la gente è più acculturata e le idee si diffondono in fretta attraverso i mass-media. Sono molti gli Occidentali che, interrogandosi sul senso della vita, sul giudizio divino, sul nostro destino nell'aldilà, scoprono che l'antica teoria orientale risponde ai più pressanti perché, ristabilendo la logica e l'equità dove appariva l'assurdità e l'iniquità.
- Dio non è ingiusto -
A molti accade di trovarsi vittime di eventi drammatici, o tragici. Una malattia lunga e dolorosa, un matrimonio sciagurato, l'improvvisa morte di un figlio giovane, la nascita di un bimbo handicappato, il calvario quotidiano delle ristrettezze economiche, le sfortune nel lavoro e negli affari.
E mille altre situazioni disgraziate.
La domanda che viene spontanea in questi casi è sempre la stessa: "..perché è capitato proprio a me? Che male ho fatto? Mi sono sempre comportato bene, non lo meritavo proprio!"
Qualcuno si rassegna accettando l'idea generica che è stata la volontà di Dio. Ma, come accettarla quando la disgrazia colpisce un povero innocente; ad esempio un bimbo nato cerebroleso e quindi destinato a una vita puramente vegetativa? Perché, proprio lui, che non ha commesso alcun male?
E talvolta si grida per reazione: no, non c'è logica, Dio è ingiusto! C'è chi, in queste situazioni, perde la fede, chi non riesce più a pregare o a entrare in chiesa.
La visione delle cose cambia totalmente se si osserva il tutto da un'altra angolazione, accogliendo l'ipotesi della reincarnazione. Allora la risposta c'è. Ci vien detto che, quanto ci accade oggi non è che il risultato delle azioni compiute da noi, o dai nostri congiunti nelle vite precedenti. Che ogni azione buona o cattiva, ubbidendo alla legge di causa-effetto, produce conseguenze negative o positive, le quali restano impresse nel Sé spirituale.
La risposta va oltre, spiegandoci che ognuno di noi se ne renderà conto, dopo la morte, rivedendo il film della propria vita e, rammaricandosi degli errori commessi, potrà giungere persino a richiedere prove più dolorose per se stesso, nella successiva esistenza, allo scopo di pagare il debito karmico e migliorarsi.
Le pene che ci vengono inflitte, dunque, spesso ce le siamo assegnate noi stessi, e non vanno considerate punizioni, o condanne di Dio, ma l'unico mezzo per salire un gradino nella scala evolutiva.
A questo proposito, basta leggere il 103° racconto della Vita del Buddha, quello del vecchio miserabile che va dall'Illuminato per chiedergli ragione d'un così atroce destino di povertà e umiliazione. Buddha gli risponde:
"Un tempo tu nascesti in famiglie ricche, fosti intelligente e istruito, ma allora disprezzasti gli altri, i più poveri e meno dotati di te. Un tempo tu hai tesaurizzato, e ti sei rifiutato di fare l'elemosina. Ecco ciò che ti ha attirato la tua espiazione attuale: la povertà e l'umiliazione. La sanzione segue l'atto, come l'ombra segue il corpo opaco, come l'eco segue il suono."
Allo stesso modo, chi nelle vite passate ha commesso omicidio potrà essere vittima di un assassinio (e capirà quanto sia infame la violenza); chi tradì potrà subire tradimento e comprenderà il valore della fedeltà; chi compì furti sarà derubato e imparerà a rispettare la proprietà altrui; chi oppresse verrà oppresso e acquisirà il concetto di carità per i più deboli; chi ha giudicato iniquamente verrà giudicato allo stesso modo e diverrà più indulgente nel giudicare gli altri.
- L'intuizione inconscia -
Ma la cosa più curiosa, se ci riflettiamo un attimo, è che tutti quanti ogni giorno, anche chi non crede nella reincarnazione, si comportano come se ci credessero. Infatti, ciascuno di noi che fa? Esprime continuamente giudizi positivi, o negativi, su se stesso e sugli altri, esaltando le doti di intelligenza, bellezza, bontà, e biasimando la stupidità, la bruttezza, la cattiveria, come se quelle doti e quelle deficienze manifestate fin dalla nascita non fossero dovute al caso, ma a un particolare merito o demerito personale.
Quando nasce un bimbo, che facciamo? Notiamo subito con disappunto gli eventuali difetti; se nei primi mesi si rivela brutto, debole, tonto o capriccioso, lo rimproveriamo aspramente come se fosse una sua grave colpa essere nato così.
Al contrario, attorniamo con ammirazione il bimbo bello, intelligente, vigoroso, buono, come se fosse suo merito essere adornato di tutte queste virtù.
Perché ci comportiamo in modo così assurdo? E perché un'intuizione inconscia ci suggerisce che una così diversa distribuzione di talenti non è casuale, ma collegata a una condizione particolare, buona o cattiva, che noi stessi ci siamo meritata.
La legge del karma ci dice che ciascuno è responsabile in qualche modo della propria faccia, del proprio corpo, della propria mente, del proprio carattere, del proprio spirito, anche dei privilegi o svantaggi ereditari e dell'ambiente sociale in cui si ritrova in questa vita, come conseguenza dei propri debiti o crediti lasciati in sospeso nei secoli passati.
Questo può spiegare anche perché molte persone, colpite da disgrazie, le nascondono, le mascherano, come se inconsciamente provassero un senso di colpa. E questo senso di colpa viene in qualche modo ingigantito quando là gente commenta le continue disgrazie d'una famiglia con la frase lapidaria: "Ma quella famiglia è maledetta da Dio!".
Poiché non esiste solo il karma negativo, ma anche il karma positivo, ecco che lo stesso fenomeno si verifica, in senso opposto, per coloro che si ritrovano fin dalla nascita in possesso di tutte le più belle qualità e condizioni, faticosamente conquistate in vite precedenti.
Costoro sentono inconsciamente che non è un privilegio gratuito l'avere bellezza, talento artistico o scientifico, fascino o generosità; ne hanno piena consapevolezza come d'una condizione a loro dovuta.
E questa loro convinzione viene confermata dal comportamento degli altri che li colmano d'ammirazione, di plauso avvertendo per istinto che i cosiddetti "doni naturali" sono un giusto riconoscimento per qualche misterioso merito personale. E noi aggiungiamo, prenatale.
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