Tratto da:
(di Mrinalini Mata:
diretta discepola di Paramahansa Yogananda, membro dell'Ordine Monastico della Self-Realization Fellowship dal 1946 e vicepresidente della società dal 1946)
(Conferenza tenuta dal vice-presidente della Self-realization Fellowship/Yogoda Satsanga society per la Convocazione del cinquantesimo anniversario 7 luglio 1970)
Dio ci ha mandati in questo mondo per recitare una parte nel dramma divino. Essendo noi immagini individualizzate dello stesso Signore, le nostre vite hanno uno scopo individuale: quello d'imparare e, imparando, crescere e, attraverso la continua crescita esprimere, alla fine, la nostra vera natura ritornando al nostro stato originario di unità con Dio.
Quando iniziamo la nostra avventura terrena come anime bambine, acquistiamo conoscenza, per prima cosa, attraverso esperienze di prove e di errori. compiamo un'azione e, se questa ci dà buoni risultati, la ripetiamo. Quando, invece, un'azione particolare ci procura dolore, ci sforziamo di evitarla in seguito.
In un secondo tempo impariamo a trarre profitto dall'esempio degli altri. Osserviamo il comportamento dei nostri famigliari, dei nostri amici e vicini di casa, traendo beneficio dall'analisi dei loro errori e dei loro successi.
Le nostre esperienze ci portano sempre ad avanzare in cerca di un significato più profondo da dare alla nostra vita terrena, finché giunge, per ciascuno di noi, il momento in cui iniziamo seriamente la ricerca della Verità. L'uomo la cui coscienza si è evoluta fino a questo punto si chiede:
"Che cos'è la vita? Che cosa sono io? da dove sono venuto?" Il Signore risponde a tale ricercatore attirandolo verso un maestro, o verso libri religiosi o filosofici che soddisfino questa iniziale sete di sapere. Man mano ch'egli s'imbeve della conoscenza altrui, la sua capacità di comprendere si evolve e la sua crescita spirituale ne viene accelerata. Egli si avvicina di un piccolo passo alla Verità, o Dio.
Alla fine, anche questa conoscenza diventa insufficiente. Egli viene preso dalla brama di realizzare personalmente la Verità. L'anima, in lui, lo spinge a pensare: "Questo mondo non è certo la mia casa! Io non posso essere soltanto questo corpo fisico; Esso non può essere che una gabbia provvisoria. In questa vita dev'esserci qualcosa di più di quello che i miei sensi percepiscono ora, qualcosa che esiste al di là della morte. Ho letto della verità, ne ho sentito parlare; adesso devo sapere!".
In risposta al grido angoscioso del Suo figlio, il compassionevole Signore gli manda un Maestro illuminato, uno che ha realizzato il Sè, che conosce il Sè quale Spirito: cioè un vero Guru. La vita di tale Guru è una pura espressione del Divino.
- Definizione di un vero Guru -
Lo Swami Shankara* ha descritto il Guru in questo modo: "Nulla, nei tre mondi, può essere paragonato a un vero Guru. Assumendo che la pietra filosofale sia veramente tale, essa potrebbe solo mutare il ferro in oro e non in un'altra pietra filosofale. Il venerato Maestro, invece, crea l'eguaglianza con se stesso, nel discepolo che prende rifugio ai suoi piedi. Il Guru è perciò impareggiabile, anzi trascendentale".
Paramahansa Yogananda, Guru-fondatore della Self-Realization Fellowship, ha detto: "Il Guru è il Dio risvegliato che risveglia il Dio dormiente nel discepolo. Attraverso la compassione e la visione profonda, un vero Guru vede il Signore stesso soffrire in coloro che sono psichicamente, mentalmente e spiritualmente poveri. Ecco perché egli sente il gioioso dovere di assisterli. Egli tenta di nutrire il Dio affamato nel povero, di stimolare il Dio addormentato in colui che non sa, di amare nel nemico il Dio inconsapevole e di svegliare il Dio semidesto nel devoto che ha brama di conoscere. con un gentile tocco d'amore egli sveglia, all'istante, il Dio quasi interamente desto nel ricercatore avanzato. Il Guru è, fra tutti gli uomini, colui che dà di più . Come il Signore stesso, la sua generosità non conosce limiti".
Paramahansa Yogananda ha così descritto l'infinita comprensione, l'infinito amore, l'onnipresente coscienza universale di un vero Guru. Quei chela* (discepoli) privilegiati che hanno conosciuto Paramahansaji, hanno veduto questi attributi perfettamente manifestati in lui.
- Il rapporto Guru-discepolo -
Questo universo creato da Dio è regolato ordinatamente da una legge cosmica, e il rapporto Guru-discepolo è radicato in quella legge. E' ordine divino che, chi cerca Dio, sia portato a Lui da un vero Guru. Quando un devoto desidera sinceramente conoscere Dio, il suo Guru arriva. Solo colui che conosce Dio può promettere al discepolo: "Ti porterò a Lui". Un vero Guru ha già trovato la via che porta a Dio, perciò può dire al chela: "Prendi la mia mano. Ti mostrerò il cammino".
Il rapporto Guru-discepolo comprende la disciplina e i principi di giusta azione che il discepolo deve seguire per prepararsi a conoscere Dio. Quando il discepolo, con l'aiuto del Guru, perfeziona se stesso, si adempie la legge divina e il Guru lo porta alla presenza di Dio.
- Lealtà al Guru e ai suoi insegnamenti -
Il primo principio che sta alla base del patto fra Guru e discepolo è la lealtà.
L'ego, coscienza e auto-affermazione del piccolo "io", è ciò che ci tiene lontani da Dio. Annullato l'ego, il devoto realizza all'istante di essere, com'è sempre stato e sempre sarà, uno con Dio. L'ego è una nube d'illusione che avvolge l'anima, velandola e cospargendo la sua pura coscienza di innumerevoli idee errate sulla propria natura e su quella del mondo. Uno degli effetti dell'illusione dell'ego è l'incostanza. Quando il ricercatore della Verità incomincia a manifestare le divine qualità dell'anima, allontana questa tendenza della natura umana, sulla quale non si può fare affidamento, e diventa una persona leale e comprensiva.
La lealtà al Guru è uno dei più importanti passi del discepolato. Molti esseri umani non hanno perfezionato la qualità della lealtà neppure verso i propri consanguinei, o verso il coniuge o verso gli amici. Per questa ragione il concetto di lealtà al Guru non è compreso sino in fondo. Per essere un vero discepolo, il chela deve essere leale al Guru mandatogli da Dio: deve uniformarsi, fedelmente e con estrema attenzione, agli insegnamenti del suo Guru.
Lealtà non è ristrettezza mentale. Il cuore leale verso Dio e i Suoi rappresentanti è magnanimo, comprensivo e compassionevole verso tutti gli esseri. Rimanendo ancorato ad una lealtà incondizionata e assoluta verso il proprio Guru e i suoi insegnamenti, tale devoto vede nella giusta prospettiva tutte le altre manifestazioni della Verità, accordando loro il dovuto rispetto e apprezzamento.
Paramahansaji parlo molte volte di questo argomento. Egli diceva: "Molti temono di diventare persone dalle idee ristrette, prima di avere imparato ad essere equilibrati. Nel loro desiderio di dimostrare una mente aperta, i ricercatori superficiali assorbono in maniera indiscriminata idee diverse, senza avere prima distillato in sè l'essenza della verità per mezzo della realizzazione. Ne risulta una coscienza spiritualmente debole e diluita. Sebbene io consideri con amore tutti i veri sentieri religiosi e tutti i veri Maestri spirituali, voi vedete che sono assolutamente fedele ai miei;".
Egli diceva inoltre: "Tutte le vere religioni conducono a Dio. Cercate fino a quando avrete trovato l'insegnamento spirituale che attrae e soddisfa pienamente il vostro cuore; una volta trovato, non permettete più ad alcuna cosa di scalfire la vostra fedeltà. Date a quel sentiero tutta la vostra attenzione. Ponetevi tutta la vostra coscienza, e avrete i risultati che cercavate".
Quando parlava della lealtà, Gurudeva* Paramahansaji portava, a volte, questo paragone:
"Se avete una malattia, voi andate dal dottore ed egli vi dà una medicina per curarvi. Portate a casa la medicina e la usate secondo le istruzioni del medico. Quando, ricevendo degli amici, questi vengono a sapere la natura della vostra malattia, ciascuno di essi esclama: "Io so tutto di questo male! Hai senz'altro bisogno di questo o quel rimedio". Se dieci persone vi dessero dieci medicine diverse e voi le provaste tutte, le possibilità di guarire sarebbero per voi assai dubbie. Lo stesso principio spiega l'importanza della fedeltà all'insegnamento del Guru. Non mescolate i rimedi spirituali!".
Divina lealtà significa raccogliere la propria attenzione instabile, l'emozione e lo sforzo concentrandoli in maniera esclusiva sulla Meta spirituale. Il discepolo leale viaggia veloce sul sentiero di Dio. Paramahansaji spiegava così il ruolo di un Guru:
"Io posso aiutarvi molto di più se voi non diluite le vostre forze. La sintonia con un Guru si crea dando il cento per cento della propria lealtà a lui, ai suoi associati e alle sue attività; viene attraverso la volonteroso obbedienza al suo consiglio (si tratti di istruzioni verbali oppure scritte) e visualizzandolo nell'occhio spirituale; si crea, infine, attraverso l'incondizionata devozione... Nelle anime di coloro che sono in sintonia con lui, il Guru può erigere un tempio di Dio". Solo la lealtà rende possibile concentrare gli sforzi in modo efficace sulla ricerca di Dio. La coscienza leale di un discepolo viene magnetizzata dall'amore divino ed egli viene irresistibilmente attirato da Dio.
L'obbedienza sviluppa la discriminazione
L'obbedienza, cioè l'affidarsi completamente alla guida del Guru, è un altro principio essenziale del rapporto Guru-discepolo. Perché questo divino imperativo? L'uomo deve imparare a ubbidire a una saggezza più alta per superare l'ostacolo costituito dall'ego e dalle illusioni create da esso. Attraverso innumerevoli incarnazioni -fin dal tempo in cui eravamo i più ignoranti del genere umano - l'ego l'ha sempre avuta vinta. Attraverso le emozioni e l'attaccamento ai sensi, esso ci ha imposto il nostro comportamento, le nostre opinioni, simpatie e antipatie. L'ego rende schiava la volontà e lega la coscienza a una limitata forma umana. Stati d'animo oscillanti, onde di emozioni, simpatie e avversioni in continuo mutamento colpiscono costantemente la coscienza dell'uomo con questo o quel tipo di sensazioni. Una persona, oggi, è attirata in modo particolare da una cosa; domani la vede sotto un altro aspetto e insegue qualcosa di diverso. Questo oscillante stato di coscienza rende l'uomo cieco alla percezione della Verità.
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