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SCHEDA ARTICOLO N. «01383»

CLASSIFICAZIONE: 4
TIPOLOGIA: CONGENERE
AUTORE: ELEN JIMITTAN
TITOLO: IL VEDANTA PER TUTTI: ESSERE E DIVENIRE...
SPAZIATORE bianco

TESTO ARTICOLO

Da:

Elen Jimittan



--

[...]

ESSERE E DIVENIRE

Tutto passa; tutto scorre; tutto è evanescente. Un re dell'antica Persia
chiamò i suoi
consiglieri e disse: «Datemi un detto, un adagio, un proverbio che mi
conferisca una filosofia
di vita che possa salvarmi in ogni situazione». Tra i vari detti propostigli
scelse il
seguente: «Anche questo finirà», che divenne il suo motto, ed egli lo fece
scolpire sul suo
anello.

Era un adagio, un detto, una massima che poteva dargli una risposta
adeguata, un consiglio
saggio in ogni circostanza della sua vita come uomo e come re dell'impero
persiano. Queste
parole: «Anche questo finirà» splendevano con una luminosità celeste quando
i raggi del sole o
di qualsiasi luce battevano sull'anello.

Una volta, i gioiellieri e i mercanti portarono al re, cammelli, gemme e
perle preziose da
Samarkhanda, facendogliene omaggio. Poi i marinai della flotta regale gli
portarono coralli,
perle e altre ricchezze del mare, volendo arricchirlo e letificare il suo
cuore.

Ma il saggio re guardò con indifferenza stoica tutte queste offerte,
ripetendo tra sé: «Ma, che
cos'è la ricchezza? Anche questo finirà».

Si sedette come ospite d'onore ai fasti, banchetti, piaceri e divertimenti
del lussuoso palazzo
all'interno della corte orientale, e osservò con tranquillità imperturbabile
le scene di
baldorie, di danze incantatrici, di baci e abbracci delle ninfe di corte.
Alla fine,
maestosamente, si alzò e disse con accenti gentili, sereni e fermi: «I
piaceri vengono e vanno,
non durano: anche questo finirà».

Il re ebbe come consorte la donna più bella, gentile e graziosa di tutto
l'antico Iran.
Incoronata regina, ella superò tutte le altre regine della Persia in
bellezza, grazia e amore.
Sul letto di nozze, adagiato sui molli cuscini sopra gli splendidi tappeti
persiani, giaceva il
re, sussurrando a se stesso:

«Sì, nessun re, sha, o monarca di questo mondo ha mai avuto in sorte una
donna più bella della
moglie che mi stringo al petto Ma questa donna più bella del mondo non è
altro che argilla.
Anche questo finirà».

La chiamata severa del dovere regale lo portò al campo dI battaglia.
Nell'infuriare del
combattimento un dardo lo colpì ed egli cadde sanguinante.

I soldati lo portarono nella sua tenda e, sospirando sulla dolorosa ferita,
il re disse: «Si', il
dolore è durissimo da sopportare, ma ci vuole pazienza. Anche questo
finirà».

Guarito dalle ferite di guerra, egli ogni tanto si travestiva e camminava in
incognito. Un
giorno, fermandosi nella piazza principale, vide la sua effigie, una statua
di pietra colossale
alta 20 metri, scolpita dagli artisti del regno, adorna e ricca.

La osservò da vicino e poi disse dentro di sé: «Il popolo, per onorarmi e
immortalarmi, ha
eretto questa statua. Ma cosa sono onore e fama? Evanescenza e lenta
decadenza. Anche questo
finirà».

Ormai invecchiato, logorato e colpito da paralisi, il re, riposando sul
letto, davanti alle porte
dorate, disse con uno sforzo prima di esalare l'ultimo respiro: «La vita è
già finita. Ma cos'è
la morte?» Il sole che splendeva fuori, allora, colpì con un raggio il suo
anello, dove egli
vide rifulgere, radioso e luminoso, il saggio scritto da lui scelto:

timbro della caducità,
della provvisorietà."

Disse Giobbe, il saggio del Vecchio Testamento: «Homo natus emuliere, brevi
vivens tempore,
repleturmultis miseriis»

- uomo nato da donna, che vive per breve tempo, è pieno colmo, di sofferenze
molteplici -.

Ecco il problema della sofferenza, del dolore che colpisce tutti gli esseri
nati
nell'universo. Nascita implica morte; giovinezza comporta vecchiezza; salute
significa
malattia. Tutti gli esseri nascono, crescono, si invecchiano e muoiono.
Anche il sole, le
stelle e le galassie nascono, crescono e muoiono. Anche l'uomo, questa
scintilla di coscienza
involucrata nella carne e nelle ossa, nasce, cresce, si invecchia, si ammala
e poi muore; come
i fiori di campo fioriscono all'alba, al sorgere del sole, e poi danzano di
gioia profumando la
terra, e al tramonto sfioriscono, appassiscono e muoiono. Questa è la sorte
di tutti gli esseri
mortali: avere un inizio e un termine.

Anche questo finirà.

Eraclito di Efeso, il filosofo del divenire, della transitorietà della vita,
disse che tutto
scorre incessantemente come la corrente del fiume, di cui nessuno può
toccare due volte la
medesima acqua.

Generazioni e generazioni di esseri umani nascono e spariscono. Dove sono
andati i tuoi
compagni di scuola, tu che ormai sei arrivato alla vecchiaia? Sono scomparsi
nella tomba, sulla
pira, nel forno crematorio, o sulla torre del silenzio. L'oro e l'argento,
la ricchezza e i
tesori che tu hai accumulato, dove sono? Tutto è un pugno di sabbia e un
pezzo di argilla e
nulla più. Vollero, gli Ebrei, incoronare Gesù come loro re, ma dopo essi
stessi gridarono:
«Sia crocifisso Gesù, e ci venga dato Barabba, l'assassino». Abbiamo visto
coi nostri occhi
Hitler e Mussolini all'apice della loro gloria. Abbiamo visto anche le scene
del suicidio
disperato di Hitler, il Fuhrer, e l'impiccagione di Mussolini, il Duce.
Onori, fama, ricchezze,
perle, oro e argento, piaceri dei sensi e paradiso artificiale di sesso e
sensualità - la danza
di morte di Mammona e Venere - sono tutti fugaci, illusori, snervanti,
seducenti, ma 'mortem
ferentes'. Noi, dunque, vogliamo la saggezza dei santi, dei saggi, nella
nostra vita pratica,
per entrare in un'isola di pace incondizionata, di vera gioia
immarcescibile, e conquistare
quella immortalità conscia che la marea della concupiscenza non può
sommergere,
quella immunità da vizi e da peccati che nascono dall'ignoranza.

Essendo compresi e situati tra il mondo dell'Essere e quello del divenire -
noi, cittadini di
entrambi gli universi, quello durevole, eterno ed immortale da un lato, e
quello di fugacità,
impermanenza e caducità dall'altro - dobbiamo imparare la saggezza dei santi
per trovare
l'equilibrio tra l'astrazione contemplativa dell'Essere e l'impegno
operativo nel mondo del
divenire. Non è questione di tralasciare l'uno per l'altro, ma di avere la
giusta visione delle
cose, di acquisire quella saggezza che potrà potenziare la nostra mente e la
nostra
intelligenza permettendoci di vivere nel seno dell'Essere e, nel contempo,
agire nel mondo del
divenire, di compiere tutti i nostri doveri, di compiere la nostra missione
sulla terra e,
così, raggiungere l'altra sponda della vita, che è Pace, Serenità, Amore nel
cuore dell'Essere,
il Reale, l'Eterno, l'Immortale che le religioni tradizionali hanno chiamato
Iddio, Allah,
Deva, Brahma, Tao, ...

L'Essere non si deve contrapporre al divenire, né il divenire dev'essere
posto agli antipodi
dell'Essere; così, non vi dovrebbe essere una conflittualità, ma un connubio
tra la filosofia
dell'Essere di Parmenide e la filosofia del divenire, del 'Panta rei' -
tutto scorre - di
Eraclito di Efeso.

Nello stesso modo, non vi dovrebbe essere una lotta tra il misticismo
intuitivo asiatico
dell'Essere e l'empirismo pragmatico e positivistico della filosofia del
divenire europea; ma,
bisognerebbe creare un'armonia, integrazione, osmosi, simbiosi, matrimonio
tra questi due modi
di percepire ed interpretare il mondo noumenico e fenomenico. Nello stesso
modo, si devono
trovare equilibrio e sintesi tra lo spirito introspettivo asiatico, che
scaturisce da una
implicita visione realizzativa dell'Essere, e lo spirito estroverso europeo,
che scaturisce da
una visione utilitaria e pragmatica del mondo del divenire. Dobbiamo
effettuare questa sintesi
tra l'Essere Supremo e il divenire fenomenico e portare questa visione
sintetica, unitaria,
integrale nella nostra vita pratica: nella nostra vita sociale, economica,
politica, nazionale
ed internazionale, rendendo così a Cesare ciò che appartiene a Cesare e a
Dio Ciò che
appartiene a Dio.

Il regno di Dio sulla terra, il Nirvana, abbraccia tutti e due: l'universo
ontologico dell'Essere e il cosmo fenomenico del divenire. L'uomo deve
ridiventare,
consapevolmente, un figlio dell'Essere, dell'Altissimo, di Dio, generando in
sé stesso la
coscienza cosmica dell'Essere nel mondo del divenire e del divenire nel
mondo dell'Essere. Fino
a quando noi non effettueremo questa armonia tra il mondo materiale empirico
della mente e
l'universo dell'Essere dello spirito, continueremo a soffrire, e non solo
noi esseri umani, ma
tutto il creato. Ecco perché San Paolo, lo gnostico, scrisse: «Scimus omnis
creatura ingemiscit
et parturit (dolorem) usque adhuc expectantes adoptionem filiorum Dei» - Noi
sappiamo che tutte
le creature sospirano e partoriscono (dolore) nell'attesa dello stato di
figlie adottive di Dio

[...]

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