DEFINIZIONE:
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Termine derivato dal greco canonzw, inserire nel canone. È la
sentenza definitiva con la quale il papa stabilisce che un beato sia santo, e lo
inserisce nel catalogo dei santi. La C. segue il processo di beatificazione
(v.), ma mentre la beatificazione ha un carattere permissivo e limitato ad una
diocesi o ad una regione o ad una famiglia religiosa, la C. ha un carattere
precettivo, ed è estesa a tutta la Chiesa universale. Affinché sia avviato il
processo di C. occorre la conferma di almeno due diversi miracoli. Nei primi
secoli della Chiesa il culto di venerazione era riservato ai martiri. In epoca
successiva detto culto fu esteso anche ai defunti che in vita avessero dato
esempio insigne di virtù, e questi furono detti "confessori". Tra questi
ricordiamo San Basilio Magno, Sant’Ambrogio, San Girolamo e Sant’Agostino. Fra
il VI ed il XII secolo la C. veniva promulgata dai vescovi (C: episcopale); con
la decretale "audivimus" di Alessandro III (1170), confermata da Sisto V, la C.
venne riservata al papa (C. papale). Fin dal ritorno dei papi da Avignone, la
funzione della C. si svolge, con grande fasto e solennità, esclusivamente nella
basilica di San Pietro. Con la C. il papa sancisce che l’anima della persona
santa goda sicuramente della gloria celeste; però tale definizione non è oggetto
di fede divina, ma di fede ecclesiastica. Fra i teologi è dottrina comune che,
data l’importanza della C. ai fini della vita morale della Chiesa universale, il
papa in tale occasione sia infallibile. Va però notato che il Concilio Vaticano
I (1870), nella sua esposizione dell’infallibilità (v.) del papa, non nomina la
C. dei santi.
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