DEFINIZIONE:
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termine derivato dal greco carisma, grazia, dono. È la qualità che
inerisce ad una personalità, facendola considerare dotata di forze
soprannaturali, o mandata da Dio per esercitare le funzioni di capo. Presso gli
antichi Ebrei erano investiti dallo spirito carismatico direttamente da Jahvè: i
giudici (Gedeone, Sansone: difesa contro i nemici); i re (Salomone, Davide:
sapienza, anche legislativa); i profeti (Elia, Eliseo, Isaia, Geremia:
mediazione tra Dio e gli uomini, oltre alla previsione del futuro). L’avvento di
Cristo spostò il C. nel campo etico-pratico e miracolistico: primi pontefici,
primi vescovi e primi santi. Secondo Paolo (I Corinzi 12, 7-11) lo Spirito
(pgedma) divino conferisce "in vista dell’utilità di tutti …a ciascuno in
particolare, come Egli vuole", i C.: sapienza, conoscenza, fede, discernimento
fra gli "spiriti" (buoni e malvagi), glossolalia (v.). Tipicamente la
glossolalia si manifestò tra gli Apostoli il giorno della pentecoste (Atti degli
Apostoli 2, 2-13). Questa posizione carismatica della Chiesa primitiva si
contrappone a quella successiva tipicizzata da evidente legalismo, una posizione
tuttora perdurante, ribadita dalla stessa costituzione Lumen gentium del
Concilio Vaticano II. Anche presso gran parte degli altri popoli sono presenti
dei capi carismatici, cui la divinità conferirebbe il misterioso potere di
interpretare e realizzare i destini dei loro sudditi. Gli antichi germani
riconoscevano nel loro re quell’Heil o Glck (felicità, buona sorte) che faceva
crescere il grano. In Arabia il termine batakah [(forza della) benedizione]
indica particolari forze o funzioni carismatiche. Analogo significato possiede
il termine melanesiano mana. Il concetto di C. è stato anche assunto dalla
moderna sociologia attraverso gli studi di Max Weber.
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