DEFINIZIONE:
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Nome derivato dal latino castus, puro, attraverso il portoghese casta,
con cui vollero rendere due diversi termini sanscriti varna, colore, e jati,
razza. Indica pertanto una classe di persone che godono di determinati
privilegi, e che ad essa appartengono per esclusivo diritto di nascita. Le C.
erano presenti presso gli antichi Egiziani e gli Ebrei, ma anche in Grecia a
designazione dei discendenti di Esculapio, dediti all’arte medica per diritto
esclusivo. Le C. trovarono però piena applicazione tra gli Arya dell’India. Dove
fin dai tempi vedici, inizialmente per distinguere i conquistatori arya dai
vinti indigeni, si imposero quattro C. separate da norme rigorosissime: · i
brahman (v.), dotti e sacerdoti; · i ksatriya, guerrieri e nobiltà terriera; · i
vaisya (o baniya), commercianti ed agricoltori; · i sudra, lavoratori in
generale, estromessi da templi e scuole. Al di sotto di questi stavano i paria,
i fuori C. (candala, misala, ecc.), nati da matrimoni misti. Sedersi alla stessa
tavola, mangiare un cibo preparato da un individuo di C. inferiore, erano azioni
rigorosamente coperte da inesorabile "tabù". Era interdetto perfino l’uso
intercastale della stessa acqua. Sia il buddhismo che l’islamismo attenuarono il
rigore della suddivisione castale, ma con scarsi e solo temporanei risultati.
Soltanto nel XIX secolo l’opera riformistica anticastale del Brahmo Samaj diede
quei frutti che portarono alla definitiva abolizione delle C. nella Costituzione
indiana del 1947, e nello speciale decreto del 1950. Tuttavia le C. sopravvivono
ancora larvatamente nell’intero ambiente rurale indiano. La Biologia impiega
questo termine per distinguere le funzioni svolte da gruppi di taluni insetti
nell’ambito dell’ambiente in cui vivono ed operano, per esempio le api, le
vespe, le formiche e le termiti.
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