DEFINIZIONE:
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Dal greco cadolicoz, universale, è un termine usato dai
protestanti in contrapposizione a protestantesimo (v.), e poi assunto dai
cattolici: Oggi si chiama comunemente C. la religione dei cristiani che
riconoscono il papa come loro capo spirituale, erede dei poteri conferiti da
Gesù a Pietro: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa"
(Matteo 16, 18). La cattolicità della Chiesa viene sporadicamente affermata sin
dai primi secoli del cristianesimo, soprattutto sulla scorta del Vangelo di san
Giovanni. S. Ignazio da Antiochia, morto nel 107, impiega per primo questo
specifico termine nelle sue lettere agli Smirnei (8, 1), e l’imperatore Teodosio
il Grande nel 380 parla esplicitamente di "cunctos populos" (tutti quanti i
popoli), cui si doveva rivolgere la predicazione della fede cristiana. Nel V
secolo san Vincenzo di Lérins definì con ardita sintesi il concetto stesso di
C.: "Quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est" (Quel che si è
creduto ovunque, sempre, da tutti gli uomini): dunque un vero e proprio
universalismo spazio-temporale. Il termine C. esprime un dato essenziale della
rivelazione biblica: la Chiesa, fondata da Cristo, è universale perché aperta a
tutti i popoli senza distinzione di razza, nazionalità, sesso e censo. "Andate
ed insegnate a tutte le genti" (Matteo 28, 18). Il concetto è stato ripreso dal
Concilio Vaticano II: "Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica
unità del popolo di Dio … alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati
siua i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia, infine, tutti
gli uomini dalla grazia di Dio chiamati alla salvezza" (Lumen gentium 2, 13).
Con la Riforma del XVI secolo la parola cattolico assunse un senso strettamente
confessionale, in quanto si sentì la necessitò di un termine per distinguere la
comunità rimasta fedele al vescovo di Roma da quelle che erano state attratte
dai nuovi riformatori. L’essenza dottrinale del C. si compendia in sette punti
fondamentali: rivelazione, tradizione, Dio, creazione, peccato originale, grazia
ed escatologia. La rivelazione è un atto di amore sapiente di Dio, che si
rivolge all’uomo per ammetterlo alla comunione con sé. L’uomo, nel suo cammino
religioso, sperimenta questa intimità con Dio, la cui pienezza è raggiunta da
Cristo. Tutta la storia è oggetto della rivelazione di questa vicenda di
salvezza, ed il Concilio Vaticano II ha affermato che "lo spirito di Dio anima
l’universo, ed in esso nostra i disegni del Padre" (Gaudium et spes 2, 11). La
tradizione è l’insieme delle verità rivelate non contenute nella Bibbia,
trasmesse oralmente nella predicazione degli Apostoli alle prime comunità
cristiane, poi registrate nelle opere dei Padri della Chiesa, e che il Concilio
di Trento ha equiparato alla rivelazione divina. Il concetto limitato di
consegna statica di un depositum dottrinale, che la tradizione aveva assunto nel
passato, è stato ampliato nel Concilio Vaticano II fino ad una concezione più
ampia e più profonda di comunione divina con l’uomo lungo l’arco della vita
umana (Dei Verbum 1, 7). Dio (Padre, Figlio e Spirito Santo) si è manifestato ed
ha parlato agli uomini in una storia di salvezza che san Paolo definisce un
mistero (Efesini 1, 9; 3, 12). Il Dio vivente si è rivelato nell’antica storia
di Israele, ed ha parlato "più volte ed in diverse maniere ai Padri per mezzo
dei Profeti" (Ebrei 1, 1) e, secondo l’annuncio cristiano, Dio è amore (I
Giovanni 4, 7). Nel quadro generale della creazione, l’uomo assume un’importanza
particolare perché, creato a somiglianza di Dio, è orientato per sua stessa
costituzione, alla pienezza della vita in Dio. La fede cattolica crede
nell’esistenza dell’anima come componente spirituale dell’uomo. Di fronte al
problema del male, che aveva sempre ossessionato l’umanità, la teologia
cristiana pone il principio del peccato originale. Il racconto biblico del
Genesi, con la drammatica rappresentazione della prima colpa, vale anche come
affermazione simbolica di una ribellione umana verso Dio ai primordi stessi
della vita umana. IL concilio di Trento annuncia il contenuto teologico della
colpa originale, affermando (ca. II) che Adamo perse la santità e la giustizia
non solo per sé ma anche per i discendenti. La teologia della grazia si rifà al
decreto sulla giustificazione, emanato dal Concilio di Trento in
contrapposizione al pensiero riformistico. Le due concezioni, luterana e
cattolica, partono dal presupposto comune dell’assoluta incapacità dell’uomo a
procurarsi la grazia. Ma mentre la concezione della Riforma intende escludere
ogni partecipazione dell’uomo alla giustificazione, la dottrina cattolica
rifiuta l’idea che l’uomo rimanga inerte e passivo di fronte al processo
giustificativo, ed alla tesi protestante della "fede sola", contrappone la tesi
programmatica di "la fede ed i sacramenti", e "la fede e le opere". Dal punto di
vista escatologico, secondo la dottrina cattolica, alla morte segue subito il
giudizio particolare che, a differenza di quello universale, riguarda solo il
singolo individuo appena defunto. La sentenza, di applicazione immediata ed
immutabile, si materializza nell’inferno, luogo di pena eterna costituita
essenzialmente dalla perpetua privazione di Dio, oltre che da varie pene fisiche
identificate, per antonomasia, nel fuoco, e nel paradiso, stato di beatitudine
sintetizzato nella visione eterna di Dio. Uno stadio intermedio e di transito è
costituito dal purgatorio, dove soggiornano le anime che, pur destinate al
cielo, devono ancora attraversare uno stadio di purificazione prima di essere
degne della visione beatifica.
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