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SEZIONE: « DIZIONARIO ESOTERICO »

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DIZIONARIO ESOTERICO SCHEDA N. «00432»

TERMINE: CATTOLICESIMO
DEFINIZIONE:

Dal greco cadolicoz, universale, è un termine usato dai protestanti in contrapposizione a protestantesimo (v.), e poi assunto dai cattolici: Oggi si chiama comunemente C. la religione dei cristiani che riconoscono il papa come loro capo spirituale, erede dei poteri conferiti da Gesù a Pietro: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Matteo 16, 18). La cattolicità della Chiesa viene sporadicamente affermata sin dai primi secoli del cristianesimo, soprattutto sulla scorta del Vangelo di san Giovanni. S. Ignazio da Antiochia, morto nel 107, impiega per primo questo specifico termine nelle sue lettere agli Smirnei (8, 1), e l’imperatore Teodosio il Grande nel 380 parla esplicitamente di "cunctos populos" (tutti quanti i popoli), cui si doveva rivolgere la predicazione della fede cristiana. Nel V secolo san Vincenzo di Lérins definì con ardita sintesi il concetto stesso di C.: "Quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est" (Quel che si è creduto ovunque, sempre, da tutti gli uomini): dunque un vero e proprio universalismo spazio-temporale. Il termine C. esprime un dato essenziale della rivelazione biblica: la Chiesa, fondata da Cristo, è universale perché aperta a tutti i popoli senza distinzione di razza, nazionalità, sesso e censo. "Andate ed insegnate a tutte le genti" (Matteo 28, 18). Il concetto è stato ripreso dal Concilio Vaticano II: "Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio … alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati siua i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia, infine, tutti gli uomini dalla grazia di Dio chiamati alla salvezza" (Lumen gentium 2, 13). Con la Riforma del XVI secolo la parola cattolico assunse un senso strettamente confessionale, in quanto si sentì la necessitò di un termine per distinguere la comunità rimasta fedele al vescovo di Roma da quelle che erano state attratte dai nuovi riformatori. L’essenza dottrinale del C. si compendia in sette punti fondamentali: rivelazione, tradizione, Dio, creazione, peccato originale, grazia ed escatologia. La rivelazione è un atto di amore sapiente di Dio, che si rivolge all’uomo per ammetterlo alla comunione con sé. L’uomo, nel suo cammino religioso, sperimenta questa intimità con Dio, la cui pienezza è raggiunta da Cristo. Tutta la storia è oggetto della rivelazione di questa vicenda di salvezza, ed il Concilio Vaticano II ha affermato che "lo spirito di Dio anima l’universo, ed in esso nostra i disegni del Padre" (Gaudium et spes 2, 11). La tradizione è l’insieme delle verità rivelate non contenute nella Bibbia, trasmesse oralmente nella predicazione degli Apostoli alle prime comunità cristiane, poi registrate nelle opere dei Padri della Chiesa, e che il Concilio di Trento ha equiparato alla rivelazione divina. Il concetto limitato di consegna statica di un depositum dottrinale, che la tradizione aveva assunto nel passato, è stato ampliato nel Concilio Vaticano II fino ad una concezione più ampia e più profonda di comunione divina con l’uomo lungo l’arco della vita umana (Dei Verbum 1, 7). Dio (Padre, Figlio e Spirito Santo) si è manifestato ed ha parlato agli uomini in una storia di salvezza che san Paolo definisce un mistero (Efesini 1, 9; 3, 12). Il Dio vivente si è rivelato nell’antica storia di Israele, ed ha parlato "più volte ed in diverse maniere ai Padri per mezzo dei Profeti" (Ebrei 1, 1) e, secondo l’annuncio cristiano, Dio è amore (I Giovanni 4, 7). Nel quadro generale della creazione, l’uomo assume un’importanza particolare perché, creato a somiglianza di Dio, è orientato per sua stessa costituzione, alla pienezza della vita in Dio. La fede cattolica crede nell’esistenza dell’anima come componente spirituale dell’uomo. Di fronte al problema del male, che aveva sempre ossessionato l’umanità, la teologia cristiana pone il principio del peccato originale. Il racconto biblico del Genesi, con la drammatica rappresentazione della prima colpa, vale anche come affermazione simbolica di una ribellione umana verso Dio ai primordi stessi della vita umana. IL concilio di Trento annuncia il contenuto teologico della colpa originale, affermando (ca. II) che Adamo perse la santità e la giustizia non solo per sé ma anche per i discendenti. La teologia della grazia si rifà al decreto sulla giustificazione, emanato dal Concilio di Trento in contrapposizione al pensiero riformistico. Le due concezioni, luterana e cattolica, partono dal presupposto comune dell’assoluta incapacità dell’uomo a procurarsi la grazia. Ma mentre la concezione della Riforma intende escludere ogni partecipazione dell’uomo alla giustificazione, la dottrina cattolica rifiuta l’idea che l’uomo rimanga inerte e passivo di fronte al processo giustificativo, ed alla tesi protestante della "fede sola", contrappone la tesi programmatica di "la fede ed i sacramenti", e "la fede e le opere". Dal punto di vista escatologico, secondo la dottrina cattolica, alla morte segue subito il giudizio particolare che, a differenza di quello universale, riguarda solo il singolo individuo appena defunto. La sentenza, di applicazione immediata ed immutabile, si materializza nell’inferno, luogo di pena eterna costituita essenzialmente dalla perpetua privazione di Dio, oltre che da varie pene fisiche identificate, per antonomasia, nel fuoco, e nel paradiso, stato di beatitudine sintetizzato nella visione eterna di Dio. Uno stadio intermedio e di transito è costituito dal purgatorio, dove soggiornano le anime che, pur destinate al cielo, devono ancora attraversare uno stadio di purificazione prima di essere degne della visione beatifica.

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