DEFINIZIONE:
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Alfabeto di origine paleoslava, tuttora in uso fra le popolazioni
aderenti alla Chiesa ortodossa, che si sostituì al precedente alfabeto
gragolitico (v.) per la sua maggiore semplicità. Nell’alfabero C., attribuito al
monaco Cirillo (v.), ma più probabilmente ideato da uno dei suoi seguaci del
IX-X secolo, la forma delle lettere si avvicina a quella delle lettere maiuscole
(onciali) dell’alfabeto greco, con alcune alterazioni ed integrazioni derivanti
dalla particolare fonetica, assai ricca, delle lingue slave. Sotto Pietro il
Grande vennero introdotti nel C. i caratteri profani (grazdanskij srift) per gli
usi civili (1707). Questo C. modernizzato fu assunto, con gli opportuni
adattamenti, anche da Ucraini, Serbi e Bulgari, e fino al XIX secolo dai Romeni,
che poi optarono per l’alfabeto latino. Dopo la rivoluzione comunista, con
decreto del 23.12.1917, fu varata l’ultima riforma ortografica, che eliminò
alcune lettere divenute ormai inutili per la moderna fonetica russa.
Cirillo e Metodio: Monaci missionari bizantini (Cirillo: Salonicco, 827 – Roma,
869 - Metodio: Salonicco, 815 - Sirmio, Moravia, 885). Fratelli, figli di un
magistrato, furono istruiti presso la corte di Bisanzio. Incaricati
dall’imperatore (860) di una missione politico religiosa presso i Chazari,
riuscirono a convertire molti pagani. Su richiesta del principe moravo
Rostislao, furono inviati dall’imperatore in Moravia (863) per predicarvi il
Vangelo. C. tradusse in lingua paleoslava testi liturgici e molti libri biblici:
gli è pure attribuito l’alfabeto cirillico (v.). Accusati di eresia dal clero
tedesco, per questo uso liturgico della lingua paleoslava, dovettero recarsi a
Roma per discolparsi. Il papa Adriano II approvò (867) l’uso della lingua slava
nella liturgia e, morto C. in Roma, nominò M. vescovo di Sirmio, in Moravia.
Questi, nonostante l’accanita opposizione del clero tedesco, organizzò una
gerarchia ecclesiastica autonoma, del tutto sottratta all’influenza
dell’imperatore germanico.
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