DEFINIZIONE:
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(lat. Cartesius; it. Cartesio), filosofo, matematico e fisico
francese (La Haye, Turenna 31.3.1596 - Stoccolma 11.2.1650). Fu il fondatore del
razionalismo filosofico moderno, e dell’interpretazione meccanicistica dei
fenomeni naturali: anzi in D. il meccanicismo matematico baconiano e galileiano
si trasforma da presupposto della fisica a principio di interpretazione della
realtà naturale. Oltre che uno dei creatori della fisica matematica, fu
l’inventore della geometria analitica, ed ebbe una parte notevole nella storia
dell’ottica, della fisiologia e di altre discipline scientifiche. Ma fu
soprattutto il primo sistematore di una filosofia come strumento di fondazione
necessario della scienza, che con la sua opera egli contribuì a sottrarre
dall’ideale contemplativo tradizionale considerandola, come Galileo e Huygens,
un mezzo per acquistare dominio sulla natura a beneficio dell’umanità. Questi
caratteri fanno di D. uno dei protagonisti, se non il principale protagonista,
della rivoluzione scientifica operatasi nella cultura europea della prima metà
del ‘600. Compì gli studi giovanili al collegio di La Flèche, una delle migliori
scuole fondate in Francia dai Gesuiti, dove ricevette una solida istruzione
classica orientata secondo i principi della filosofia scolastica. Dopo aver
proseguito gli studi presso l’università di Poitiers, si arruolò dapprima nelle
truppe di Maurizio di Nassau, poi in quelle dell’elettore di Baviera, che stava
allestendo una spedizione contro i boemi insorti. Durante la sua permanenza
militare in Olanda con Maurizio di Nassau, ebbe una feconda relazione con il
fisico Isaac Beeckmann, che fece rinascere in D. l’interesse per lo studio e per
la fisica in particolare. Durante il successivo soggiorno in Germania,
intensificò la vivacità intellettuale ispiratagli da Beeckmann, conseguendo tra
l’altro importanti successi in matematica. Fra il 1619 ed il 1627, D. visse per
lunghi periodi a Parigi, e passò il resto del tempo viaggiando: fu anche in
Italia tra il 1623 ed il 1624. Furono questi anni molto fecondi, durante i quali
fu in contatto con i maggiori scienziati del tempo. Nel 1629 si stabilì in
Olanda, ove rimase fino al 1649. Nel 1633 aveva completato il libro Le Monde ou
Traitè de la lumière, in cui presentava parti del suo sistema di fisica, ed i
risultati delle sue ricerche di fisiologia e di embriologia, in una sorta di
appendice al trattato precedente, intitolato De l’homme. Poco dopo la
pubblicazione del libro, D. seppe che la Chiesa cattolica aveva duramente
condannato Galileo per aver sostenuto l’ipotesi autonomica copernicana. Poiché
la teoria astronomica sviluppata in Le Monde era solo quella copernicana, D.
soppresse il libro, che riapparve solo nel 1644. Tuttavia la prima opera
importante risaliva al 1628-29, dal titolo Regulae ad directionem ingenii, mai
condotta a termine, e pubblicata postuma solo nel 1701. Dunque D. ritiuta lo
scontro con l’inquisizione cattolica, e cerca di dare alla propria ricerca della
verità una forma più accettabile ai teologi: questo tuttavia non impedì che
l’università di Utrecht, per bocca dei suoi teologi, lo attaccasse aspramente.
Nel 1637, non rinunciando a divulgare l’esito delle proprie ricerche, D.
pubblicò anonimamente tre Essais dedicati ai risultati dei suoi studi di ottica,
di meteorologia e di geometria: Dioptrique, Métàores e Geometrie, che furono
preceduti dal Discours de la méthode, non solo uno dei classici della
letteratura filosofica, ma un classico della letteratura francese. Il Discours
contiene una autobiografia intellettuale, brani di metodologia e di metafisica,
considerazioni su alcune scoperte scientifiche (tra cui quella di Harvey sulla
circolazione del sangue), ed una discussione sulle condizioni e le prospettive
dei futuri progressi delle scienze. Malgrado il titolo, il libro non dà una
relazione dettagliata del metodo cartesiano quale si trova invece nelle Regulae,
il solo sostanziale lavoro di metodologia. Nel 1641 vengono pubblicate le
Meditationes de prima philosophia, composte nel 1629-30, ripubblicate in
francese con il titolo Méditationes métaphysiques nel 1647, in un’edizione
comprendente le obiezioni dei lettori e le risposte dell’autore: D. dedicò le
Méditationes alle autorità teologiche francesi. Nel 1644 pubblicò in latino una
relazione completa in quattro libri delle sue idee filosofiche e scientifiche,
con il titolo Principia philosophiae, che fu usato come testo scolastico. Anche
la Chiesa romana poneva all’indice la maggior parte delle opere di D. L’ultima
grande sua opera fu il Traité des passions de l’ame (1649). In questo periodo D.
accetta l’invito della regina Cristina di Svezia di recarsi a Stoccolma per
insegnarle personalmente la propria filosofia: il rigido clima svedese accelerò
la fine del già sofferente pensatore. Il Discorso sul metodo è il programma del
razionalismo moderno. Per D. il procedimento matematico è la forma tipica della
conoscenza; due sono le operazioni fondamentali del pensiero matematico:
intuizione e deduzione, che sono per D. le operazioni della scienza universale;
si tratterà quindi di trovare nella ragione un principio assolutamente primo,
che dia alla conoscenza umana nella sua totalità l’intrinseca unità organica ed
il rigore luminoso della deduzione matematica: un principio che possa al tempo
stesso giustificare la validità dell’interpretazione meccanica della natura,
resa possibile dalla matematica, ed insieme limitarne la portata e l’estensione,
escludendone la realtà spirituale. Per stabilire il fondamento della certezza
dei principi della conoscenza D., nel Discorso sul metodo come nelle
Méditationes, muove dal dubbio universale, dalla supposizione, cioè, che non
soltanto i sensi, ma la stessa ragione ci ingannino costantemente, e che persino
l’evidenza matematica sia fallace. È proprio in questo stesso dubbio che si
riafferma la certezza del mio io: se mi inganno e dubito, penso; se penso, sono,
poiché nel mio pensare intuisco immediatamente la natura del mio essere.
Discende da qui un criterio generale di certezza: è vero ciò che ci si presenta
così chiaro e distinto come la coscienza dell’io. Per uscire dal cerchio della
propria coscienza, che esprime la coincidenza di pensiero ed essere, si deve
scoprire qualcosa che sia diverso dall’io. D. trova che l’io scopre a questo
punto in sé stesso l’idea di Dio, cui è legata l’esistenza di Dio, perché
l’essere assolutamente perfetto non può mancare di quella perfezione che è
l’esistenza; e poiché Dio non può non essere verace, io acquisto la massima
certezza che la legge del mio pensiero è la legge generale dell’universo, e che
tutto ciò che mi si presenta chiaro e distinto è vero, di verità eterna ed
universale. In tal senso d. pone la veracità divina a garanzia della validità
del criterio della chiarezza e distinzione, che ispira la nostra conoscenza
basata sulle idee innate, come quella dell’io. L’universo cartesiano comprende
Dio, come sostanza pensante, e gli io finiti, essi pure sostanze pensanti. La
sostanza spirituale dunque è una res cogitans, accanto alla quale D. ammette il
mondo delle sostanze corporee, il cui attributo è l’estensione (res extensa): la
materia si riduce a spazialità. Solo le modalità dell’estensione, figura e
movimento, danno luogo ad idee chiare e distinte, alle idee cioè delle qualità
primarie dei corpi, mentre le qualità sensibili o secondarie sono esclusivamente
soggettive: ecco perché solo la matematica dà una conoscenza obiettiva della
natura, che va letta nelle sue proprietà geometriche. La geometria analitica è
quindi una delle prime applicazioni essenzialmente scientifiche del metodo
cartesiano. D. introduce l’uso sistematico degli assi coordinati (cartesiani),
che permettono di rappresentare i punti con coppie o terne di numeri, e le
relazioni geometriche fra punti con relazioni algebriche. In tal modo i problemi
geometrici possono essere risolti con le regole automatiche dell’algebra. Fra i
risultati più importanti ottenuti da D. con il procedimento della geometria
analitica ricordiamo la determinazione generale della normale a qualsiasi curva
algebrica piana, in un suo punto qualunque, e la determinazione della tangente.
Il fondamento ultimo della fisica e della biologia di D. risiede nella tesi
filosofica generale che il mondo della natura è assolutamente distinto da quello
dello spirito, ed è costituito unicamente di materia estesa. Tutti i fenomeni
naturali dovranno perciò essere spiegabili facendo riferimento alla materia ed
ai suoi movimenti. La spiegazione cartesiana discende quindi dall’elaborazione
di modelli teorici sulla base di elementi meccanici e geometrici, capaci di
riprodurre i fenomeni del mondo reale (v. Meccanicismo). In particolare, la
fisica cartesiana si fondava essenzialmente su due principi: il primo, della
negazione dell’esistenza del vuoto, era una conseguenza della concezione
dell’estensione come attributo della sostanza corporea; il secondo è invece
quello della conservazione della quantità di moto di due corpi che si urtano,
cioè la quantità di moto risultante del loro sistema. D. giunge ad affermare che
in tutte le trasformazioni dell’universo, la quantità di moto complessiva rimane
costante: ritiene anzi che questo rientrerebbe nella concezione cristiana del
mondo come creatura di Dio: come se Egli, nel creare il mondo, vi avesse
impresso una quantità di moto destinata a rimanere, in valore globale, immutata
nel tempo. Sulla base di questi due principi, D. formulò la sua celebre teoria
dei vortici, per la quale i pianeti ruotano come in un vortice attorno ad un
vortice più grande, che è il sole: gli stessi corpi terrestri sono da essa
attratti da un vortice. La teoria dei vortici, di cui Newton dimostrerà
l’infondatezza, fu una fondamentale ipotesi scientifica, capace di unificare in
un solo meccanismo noto tutti i fenomeni universali. Tra le ricerche particolari
del grande scienziato e filosofo francese, ricordiamo la scoperta delle leggi di
rifrazione della luce, con le quali e con le leggi della riflessione poté dare
un’esatta spiegazione scientifica del fenomeno dell’arcobaleno. La biologia
cartesiana fa parte della fisica: è infatti nota la teoria degli animali
macchina. D. si occupò soprattutto di fisiologia, alla quale diede un contributo
sistematico molto importante. Si oppose infatti decisamente ad ogni forma di
finalismo aristotelico ed alla fisiologia galenica, che era stata molto in auge
nel ‘500. Dall’indirizzo iatro-chimico D. mediò il principio fisiologico
generale della fermentazione. Per quanto riguarda il corpo umano, esso funziona
in base a principi meccanici che regolano i movimenti e le funzioni degli
organi, su cui l’anima può agire in base ai legami che essi hanno con la
ghiandola pineale (ipofisi), dove si verifica il contatto tra l’anima ed il
corpo.
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