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SEZIONE: « DIZIONARIO ESOTERICO »

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DIZIONARIO ESOTERICO SCHEDA N. «01588»

TERMINE: PERFEZIONE
DEFINIZIONE:

Stato o struttura di un essere in quanto perfetto. Si suole distinguere la P. in senso metafisico ed in senso etico-ascetico. La P. metafisica è la pienezza posseduta da un ente secondo il proprio concetto. Gli scolastici distinguevano gerarchicamente la P. assoluta che spetta all'ente assoluto o Dio, da quella relativa, che spetta agli enti creati e dipendenti dall'ente assoluto. Dal punto di vista etico-ascetico si sottolinea l'aspetto finalistico della P.: perfetto è l'uomo che è compiuto nell'operare che agisce sempre conformemente alla virtù, senza carenze o difetti. Ciò suppone la P. naturale, cioè il pieno ed armonico sviluppo di tutte le facoltà cooperanti nella vita etica. Y (Massoneria) Riconosce la P. nella sola figura del G.A.D.U., al quale proprio per tale ragione dedica i suoi Lavori. Il Massone non aspira alla P., sapendola irrangiungibile per l'essere umano, anche se Iniziato. Tende però a migliorare la propria condizione, le conoscenze e l'etica comportamentale, considerandosi quindi perfettibile. Vede bene la cima della montagna, ne conosce anfratti e percorsi che, lungo le scoscese sue pendici, tendono verso la vetta, e fa del suo meglio per ascendervi. Sa però che alla cima non potrà mai arrivare: il microcosmo è di identica natura al macrocosmo, ma restano due identità di ben diversa rilevanza nel quadro universale. All'Uomo compete comunque il dovere d'operare caparbiamente su sé stesso, per avvicinarsi il più possibile alla P. divina, per quindi esserne miglior rappresentante nel complesso mondo del Creato che è chiamato a gestire. Y (Guido da Todi, studioso di filosofie orientali, Esonet) Malgrado l’apparente controsenso, uno dei maggiori ostacoli che impediscono allo spiritualista un suo scorrevole percorso lungo la strada della maturazione individuale è la sua attenzione spiccata verso la P. dei rapporti, del pensiero e dell’azione. Egli si dibatte, sovente, in un mondo soggettivo nel quale la sua realtà individuale è percepita come prevalentemente in ombra, di fronte alle altre tutte, che fanno parte del suo mondo quotidiano. La lotta silente ed istintiva avviene tra un suo atteggiamento di sottile indecisione ad intraprendere il deciso sforzo in direzione della liberazione cosmica e quella spinta indiscutibile a liberarsi, invece, da strutture formali che non è più in grado di accettare. Resta il fatto che, comunque, egli, per le suddette ragioni, stenta a scollarsi da certi complessi di rifiuto ad una serena affermazione del proprio carattere e del proprio impegno; vede gli altri come sempre migliori di lui; sospetta che il Sentiero dello Spiritualismo pretenda da ogni pellegrino della terra delle azioni assolute ed eroiche, delle rinunce totalitarie, un’ascesi fredda e spiccata. Di conseguenza, qualunque suo slancio di miglioramento continua ad essere visto come impreciso, oscuro, non sufficiente e debole. Il desiderio di P. sovrasta e blocca una serena visione delle cose. Val la pena di raccontare una breve parabola di Yogananda Paramahansa, che collima parzialmente, nella prima parte, con i significati di quanto andiamo dicendo; tuttavia, nella sua seconda parte non risulta affatto inutile alla lettura: "Venne il tempo fatidico della morte per una vecchia donna, che il mondo aveva conosciuto come dura e cattiva con tutti. Dopo aver esalato l’ultimo respiro, ella si trovò logicamente nell’inferno. Un luogo oscuro, angoscioso, freddo e pieno di gemiti invisibili. La paura le entrò sin dentro le più profonde pieghe dell’anima. "Dio mio", pregò terrorizzata, "Aiutami Tu! Toglimi da questo luogo orribile!" Non appena ebbe pronunciato tali parole, una stilla luminosa, alta nel cielo oscuro ed immoto, apparve e prese a brillare debolmente, rischiarando con la sua luce l’intero panorama ringhiante e nero dell’inferno. Poi, lentamente, si allungò; divenne un sottile filo radioso, che si stese, sino a pendere ed oscillare sopra il capo della vecchia donna. Una voce tenera e dolce, che proveniva dall’ovunque, disse, allora: "Osserva il potere dell’amore e della sincerità. Nella tua vita hai compiuto solo una buona azione. Ma, era pervasa di vera purezza e di altruismo. Ora, questo evento ti dà un’insperata chiave di salvezza. Aggrappati ad esso; afferrane la fune radiosa, ed issati fino al Cielo". Mentre la misteriosa parola risuonava per ogni dove, ecco che, nello stesso momento, dalla nebbia martoriata dell’inferno iniziarono ad apparire, come dal nulla, dei piccoli gruppi di dannati. Anch’essi volevano uscire dall’eterna sventura. Ed approfittavano del messaggio, per utilizzare la via di una libertà mai sognata. La vecchia donna aveva già afferrato, intanto, con disperazione la fune luminosa, e si era issata per buona parte del suo ossuto e curvo corpo. Ma, non appena vide protendersi verso di lei quelle mani affamate e quei volti pieni di dolore e di lagrime, iniziò a scalciare e ad allontanare con decisione e protervia l’umanità castigata che aveva sotto di sé. La corda, già di per sé sottile e delicata, non resse all’oscillazione rabbiosa, e si spezzò". Noi vorremmo evidenziare solo il miracolo della fune luminosa. É profondamente vero, occulto, comprovato in mille e mille indicazioni della letteratura metafisica che ogni pulsione sincera, ogni sentimento di fede, ogni sforzo soggettivo, sentito sino in fondo all’anima, per quanto debole possa apparire ad un esame sommario ed esteriore, stabilizza delle incredibili radici di potere nel destino più celato di ognuno di noi. E non manca di dare un risultato liberatorio e risolutore proprio in quei momenti, magari, nei quali non è più presente in noi, come ricordo di un’azione qualunque fatta nel passato. Non è nell’intensità dello sforzo che risiede la qualità di un’azione; bensì nella sua ampiezza universale. Se accettiamo il fatto incontrovertibile in natura che l’infinito evolversi delle cose, negli attuali mondi di esistenza e nei futuri, incredibili stati metafisici che attendono l’uomo, non abbia un termine; e che ogni ciclo sia la preparazione ad un successivo, nella spirale cosmica che non ha mai fine, ebbene il termine di P., di un qualcosa che possa far esclamare: "Attimo, fermati! Sei la conclusione di tutto!" diverrà poco degno di una mente che percepisce la propria essenza primordiale. Esiste una rivelazione molto più vasta di quanto si possa supporre nei codici morali dei Veda, quando essi indicano soltanto nel dharma di ognuno di noi la meta assoluta e sempre rinnovata dell’esistenza. Ogni azione, dalle minori alle più eroiche, se perseguita nell’Amore e nell’armonia più completa, è un infinito ed incondizionato frammento di una P. in atto, che, nella successiva replica di sé stessa, già incarna un diverso obiettivo esistenziale. Vivere il momento presente come indicatore dell’unica possibilità che ha l’assoluto di manifestarsi nel tempo e nello spazio, significa essere l’assoluto. Vivere la nostra vita, con gioia e serenità, sentendola incasellata nel ritmo universale della vita, è compiere il più grande atto di devozione alle Sante Scritture di ogni tempo. É qui, in questo preciso attimo, che cessa il desiderio, come insegnò Gothama il Buddha (v.), ed inizia la realizzazione dell’infinito. Quindi, l’individuo che si dibatte nei suoi pensieri di inutilità, di ricerca di una P. isolata dal contesto della perfetta letizia quotidiana; che non vuole convincersi sull’illusione di un fatidico momento privilegiato, in cui tutti i lembi del cielo lo cingeranno finalmente nell’abbraccio finale, ebbene costui è lungi dal comprendere che ogni scaglia del Sacro Pesce è il Pesce stesso. Piuttosto che passare ore ed ore curvi nello studio delle più difficili letterature metafisiche, oppure nell’angosciante mea culpa, quotidiano e subconscio, della propria pochezza spirituale, alla ricerca di una P. definitiva che non verrà mai, soffermiamoci a carezzare il volto dei nostri bambini: nei loro occhi e nel loro sorriso v’è tanto di quel Dio che non basterà la somma di tutte le eternità a farcelo assimilare.

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