DEFINIZIONE:
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Termine che indica la trasmissione vivente dell’eredità tecnica o
culturale di un popolo, di generazione in generazione. In filosofia il valore
della T., riferita al dominio filosofico od a quello teologico, è affermato fin
dai tempi più antichi. Da Aristotele a Plotino ed oltre, la T., spoglia di ogni
elemento mitologico, costituisce il fondamento della verità filosofica, al punto
che dottrine moderne vengono spesso legittimate con il crisma della T. mediante
documenti apocrifi. Nell’ambito della teologia cattolica, l’idea di T. è legata
a quella della rivelazione, che suppone l’esistenza di un’autorità dotata di
magistero e di infallibilità in questo campo. L’età moderna ha reagito, sia in
campo scientifico che filosofico, a questa mentalità tradizionalistica, e tale
opposizione si è manifestata nella forma più estrema nell’Illuminismo, dove la
T. non è affatto garanzia di verità, ma fonte di errore e di superstizione. Non
la T., ma la ragione individuale, deve giudicare della verità storica. Una
migliore comprensione del significato della T. si ha con il romanticismo, che
torna a rivalutare la T. nell’ambito dell’esperienza spirituale di un popolo. La
T. non va concepita come qualcosa di statico o di meccanico, ma come un continuo
rinnovamento ed una costante rifondazione della esperienza storica. La T. viene
inserita nelle strutture fondamentali della contemporaneità storica, in quanto
suppone una dialettica vivente tra presente e passato, anziché una rigida
giustapposizione. Nell’ambito strettamente religioso, la T. consiste nella
trasmissione del contenuto della rivelazione anche al di fuori delle fonti
religiose scritte. Concetto di particolare rilevanza nella religione cattolica,
dove costituisce la fonte della rivelazione divina insieme alla Sacra Scrittura,
in quanto trasmissione orale di verità attraverso il magistero infallibile della
Chiesa assistita dallo Spirito Santo. Nel cristianesimo primitivo l’importanza
della T. fu affermata in base all’insegnamento orale del Cristo, ed al compito
della predicazione assegnata agli apostoli (Matteo 28, 18-20; Marco 16, 15-16)
cui è promesso l’invio dello Spirito perché li assista. L’insegnamento degli
apostoli fu perciò riguardato come un necessario completamento delle notizie
scritte sulla vita e sulla predicazione di Gesù (Giovanni 21, 25); nelle lettere
di Paolo si sottolinea l’importanza della comunicazione orale per una esauriente
conoscenza della verità e della pratica cristiana. I Padri della Chiesa in lotta
contro le eresie, si richiamarono alla T. come norma di fede e criterio di
interpretazione delle Sacre Scritture, laddove il testo si presenta reticente o
non sufficientemente chiarito. Ireneo (Adversus haereses) si appellò alla T. di
tutte le chiese di origine apostolica, ma soprattutto a quella romana.
Tertulliano (De praescriptione haereticorum) esaltò il valore della T.
apostolica contro le tesi eretiche. Anche Agostino si pronunciò più volte a
favore della T., tanto che dal V secolo la sua autorità come fonte di
interpretazione è accettata in oriente ed in occidente. Lo scisma tra le due
chiese (1054) non mutò la situazione, anche se la chiesa d’Oriente riconobbe
come organo di trasmissione della T. solo i vescovi. Soltanto nel tardo Medioevo
si ebbero confutazioni del valore della T. da parte di Wycliff, e più tardi da
parte dei riformatori protestanti: la negazione dell’autorità della chiesa portò
ad una svalutazione delle testimonianze della T., mentre venne riaffermata
l’unicità della Sacra Scrittura come fonte delle verità rivelate. Questa tesi,
fatta propria da tutto il movimento protestante, venne respinta dal concilio di
Trento, che mise sullo stesso piano l’autorità documentaria della T. e quella
della Bibbia. Più tardi tale posizione venne ribadita dal concilio Vaticano I.
Oggi la teologia protestante, pur dando priorità di valore alle fonti bibliche,
ha attenuato la sua posizione, riconoscendo la ricchezza di testimonianze
tramandata dalla T. (Culmann e seguaci del metodo delle forme). Gli studiosi
cattolici a loro volta hanno esteso il concetto di T., superando gli atti
ufficiali, gli scritti ed il magistero della Chiesa, alla vita concreta delle
comunità cristiane nella loro esperienza storica. Da qui discendono alcune
distinzioni: la T. può essere divino-apostolica (quando deriva direttamente da
Cristo e dagli apostoli), ecclesiastica (cioè di età post-apostolica), dogmatica
(quando propone verità da credere), morale (quando sancisce norme da osservare),
costitutiva (quando fa conoscere verità non espressamente contenute nella
Bibbia), interpretativa (quando aiuta ad interpretare correttamente verità
implicitamente o succintamente presentate nella Bibbia). Y (Massoneria) La
definizione del significato del termine T. impone un particolare esame.
Normalmente esso viene inteso come un qualcosa che ci viene tramandato,
generalmente non per iscritto, dalle generazioni precedenti. La T. contiene
verità di solito non documentabili, relative a moltissimi argomenti. Una simile
interpretazione è però troppo generica e si presta a numerose e giustificabili
critiche, in quanto tende a spostare l'attenzione sul tempo passato ed a
privilegiare un aspetto storico, di solito non documentabile. Molto più
importante, soprattutto sul piano esoterico, appare essere l'interpretazione
esistenziale. In ogni tempo l'uomo è sempre nel medesimo rapporto con la vita.
Perciò quello che si tramanda non è tanto il contenuto delle esperienze vissute
da altri esseri umani, quanto il loro modo di porsi di fronte alla vita stessa.
La T. tramanda la testimonianza di esperienze esistenziali, che non possono
essere oggetto di descrizioni. Attraverso la testimonianza si propone
all'attenzione del tempo presente qualcosa già vissuto da altri, ma ancora
percepibile in modo analogo dall'attuale essere umano.
Traducianismo: Opinione teologica secondo la quale l’anima viene trasmessa dai
genitori mediante la generazione. Le si oppone il creazionismo, che introduce
nell’atto il diretto intervento divino. Tertulliano (De anima 27) sostenne un T.
a sfondo materialistico. Agostino (De genesis ad litteram 10, 11-26) fu incerto
tra T. e creazionismo, mentre Tommaso (e con lui la scolastica) condannò il T.
in ragione della pura spiritualità dell’anima. Lutero vide nel T. una teoria di
appoggio alla sua concezione del peccato originale, mentre Calvino le fu
contrario. Leibniz (v.) tentò di conciliare T. e spiritualità dell’anima
superando il dualismo cartesiano. Tracce di T. si ritrovano nel XIX secolo in
autori come H. Klée, J. Froschammer, N.S. Laforet ed A. Rosmini. Il
creazionismo, in opposizione al T., è stato confermato, da parte cattolica,
dallo stesso pontefice Pio XII, nell’enciclica Humani generis (1950).
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